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Vajont, 50 anni dalla strage. Non fu fallimento della tecnica, ma tradimento del profitto

50 anni fa finiva il miracolo economico. A svegliare l'Italia dalla grande ubriacatura di progresso iniziata 5 anni prima, fu, alle 22.39 del 9 ottobre 1963, un boato assordante. Il rumore di una parete intera di montagna, il versante settentrionale del Monte Toc, 260 milioni di metri cubi di roccia, che si stacca e corre a 108 chilometri orari verso il lago artificiale creato dalla diga che ferma il torrente Vajont a pochi metri dalla sua immissione nel Piave. L'onda generata dal tremendo impatto si divide, una parte travolge alcune borgate dei paesini di Erto e Casso, nella stessa valle del Vajont, mentre l'altra, uno tsunami da 30 milioni di metri cubi d'acqua, scavalca la diga, scalfendone appena lo spigolo…

A settembre, da Roma a Pisa, corre il filo rosso dei beni comuni

Dai Teatri occupati agli ex-stabilimenti industriali “liberati” e riconvertiti. Ma anche: dai servizi pubblici locali alla conoscenza. Quello che sempre più si va definendo attorno al tema dei beni comuni è un vasto arcipelago, fatto di lotte e vertenze, rivendicazioni e progetti. È ormai difficile anche solo fare l'elenco delle esperienze che tentano di mettere in pratica un “diritto dei beni comuni” e che, in modo anche eterogeneo, si sono diffuse a macchia di leopardo sui territori italiani (urbani e non). L'agenda di questi giorni permette però di fare qualche accenno ad alcuni aspetti che qualificano nel profondo il rinnovato dibattito sul concetto di proprietà e sul ruolo che certi beni dovrebbero avere per un'uscita possibile e sostenibile dalla crisi.

Le ragioni contro l'intervento in Siria

Abbiamo iniziato a raccontare la Siria, era il febbraio 2012, perché credevamo fosse stata superata la linea rossa: le manifestazioni contro Assad venivano spianate via da proiettili e mortai. Ma gli scontri tra il regime e il neonato Esercito Libero, poco più che ragazzi in infradito e kalashnikov, sono presto precipitati: e ci siamo ritrovati di là da un'altra linea rossa, quella della guerra. Strada per strada, feroce: metro a metro. Altrettanto presto i morti hanno cominciato ad accumularsi a centinaia, a migliaia. E alle redazioni abbiamo cominciato a dire: prima di chiudere, chiamate che aggiorniamo le cifre. Poi, all'improvviso, sono comparsi i primi combattenti stranieri. E ci è sembrata un'altra linea rossa: quella della Siria ostaggio di battaglie, strategie…

La Kyenge, i migranti e le tante facce di un unico razzismo

Dall'insediamento del governo Letta sono all'ordine del giorno episodi di contestazione razzista nei confronti di Cecile Kyenge, dai gruppi neofascisti sempre sottovalutati, ai leghisti che cercano una nuova collocazione politica a partire dall'individuazione del nemico: il ministro donna e orgogliosamente nera.

Rivolte giovanili e indifferenza: un breve promemoria

In un mix di paternalismo ed esterofilia, come spesso accade, da qualche giorno è tornato ad aggirarsi per il web e a fare capolino sulle pagine dei giornali un tema tanto caro a molti opinionisti italiani: "Ma perché i giovani non si ribellano? Perché nonostante la crisi, il futuro distrutto, la precarietà, non invadono le strade come fanno i giovani della Turchia?". Anni fa Curzio Maltese scrisse un editoriale intitolato "Aspettando la rivolta dei giovani", e fu sommerso da una grande quantità di risposte, più o meno argomentate. Alcune sono raccolte in questo blog. Era il maggio del 2010, molte università in Italia (Bari, Siena, Torino) erano occupate contro l'aumento delle tasse, nel silenzio generale anche di quei giornalisti che…

La telefonata di Letta, il Campidoglio e le larghe intese

Mentre nella piccola Piazza di Pietra a Roma si stava ancora festeggiando le agenzie hanno battuto una notizia, apparentemente innocua: "il premier Enrico Letta ha telefonato a Ignazio Marino per complimentarsi della vittoria e fargli auguri di buon lavoro. Il premier ha telefonato anche a Gianni Alemanno." Poco prima lo stesso Letta aveva dichiarato: "Il risultato delle amministrative, visto nel suo complesso, rafforza lo schema del governo di larghe intese". In molti sono rimasti sbigottiti e hanno provato a smentire il premier.

Dopo il voto: gli spiccioli a noi, le briciole ai partiti, le macerie per tutti

Le amministrative 2013, complici il calo dell'affluenza (enorme se raffrontato con l'analoga tornata amministrativa del 2008, notevole se raffrontato alle ultime votazioni politiche) e il radicamento del Partito Democratico sul territorio, consegnano un dato che consente al PD di evitare la debacle aggrappandosi in particolare al "Grillo dimezzato". Ma quello di Grillo non è un voto dimezzato. Certo, nonostante le larghissime intese e la situazione sociale del paese, il Movimento 5 Stelle non cresce nei consensi, ma nonostante gli errori commessi conserva percentuali molto alte e nonostante l'inconsistenza di molti tra i suoi candidati elegge consiglieri comunali in tutt'Italia, gettando le basi per un suo possibile radicamento nazionale. Si tratta di un dato che in troppi sottovalutano, specialmente se raffrontiamo…

Il fuoco della Costituzione e le ragioni di una vittoria. Note sul referendum bolognese

Il risultato del referendum bolognese è talmente evidente che l’unica arma che è rimasta per poterlo contrastare è il balletto delle percentuali. Potrei provare a rispondere a chi parla di affluenza bassa, di un dibattito che non ha coinvolto la città, di minoranze di attivisti impegnate in uno scontro ideologico. Potrei dire che a scegliere A sono state più di 50.000 persone, quasi il doppio dei 28.000 votanti delle primarie, potrei dire che 50.000 persone sono la metà dei 100.000 che hanno votato il Sindaco Merola, potrei dire anche che uno dei pochi precedenti di referendum comunale a Bologna è quello del 1997 sulle farmacie, dove andò a votare il 37% della cittadinanza (ma in una consultazione che rimase aperta…

Cosa insegna il referendum di Bologna?

Spesso nelle piazze del 2010 prima del referendum, nelle assemblee e nelle mobilitazioni del 2010/2011 dopo la vittoria referendaria, gli studenti avevano detto: i saperi sono come l'acqua, sono pubblici per natura e bisogna difenderli da un decennale attacco di chi mira alla sua privatizzazione. Così come era successo con il referendum per l'acqua pubblica, contro quasi tutti i pronostici, e soprattutto contro tutti i maggiori soggetti politici organizzati (in questo caso di Bologna) si è vinto un referendum che aldilà dello specifico intervento normativo esprime un chiaro messaggio politico: vogliamo la scuola pubblica.
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