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La torre di Babeo

La torre di Babeo

Narra un’antica leggenda maya che un uomo di nome Babeo era stufo dell’immobilismo e dell’anonimato della sua città e un giorno decise di fare qualcosa di grande, ma più grande che potesse, perché questa diventasse famosa.

Non sapeva cosa fare, nè come farlo.

Era povero, non aveva niente e non era particolarmente intelligente. Non aveva alcuna idea, passava le sue giornate a chiedersi cosa potesse fare senza avere niente, senza sapere niente e senza saper fare niente.

A un tratto, un giorno, osservando il suo cane nel più fisiologico dei momenti, gli venne un’idea.

“Come ho fatto a non pensarci?”, si disse, e da quel giorno dedicò la sua vita alla costruzione di un’enorme torre del materiale organico più facilmente reperibile in natura.

Lo fece a discapito delle difficoltà, a discapito degli errori, a discapito delle obiezioni, andando contro tutto e contro tutti pur di realizzare il suo sogno, pur di dimostrare che anche per il suo paese non era impossibile uscire dall’anonimato, restare negli annali e nelle leggende dei posteri.

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, l’altezza della  torre aumentava e con essa i disagi, e con essa l’isolamento di Babeo.

La torre cresceva imponente, troneggiava in mezzo alla città e tutti, volenti o no, la vedevano qualunque cosa facessero. Babeo era infaticabile, ogni volta che raggiungeva una dimensione ragguardevole voleva fare di più, voleva andare oltre, e presto molti nullafacenti restarono affascinati dal suo impegno. Più cresceva la torre, più qualcuno tra i detrattori cominciava a guardare con simpatia a Babeo, e presto cominciò ad avere dei seguaci.

Spalavano e ammassavano con lui, con il sorriso sulle labbra e il vestito buono, lieti. E quando qualcuno provava a obiettare, e a contestare la puzzolente costruzione, quelli non smettevano di sorridere e dicevano solo: “Meglio di te, che invece non fai niente!”, “Se ti credi migliore, perché non hai fatto mai niente e ora vuoi criticare?”, “Prima di Babeo, qui non c’era niente!”.

Si impegnavano, sudavano sette camicie ma tutte e sette inamidate, e prodigavano la loro vita alla torre, all’idea che finalmente qualcuno facesse qualcosa per rendere grande quella piccola città, farla entrare nella storia.

Quando il suo progetto ebbe compiuto un decennio, Babeo era abbastanza soddisfatto, seppur frustrato dalla fatica.

Un giorno però venne una tempesta fortissima, e proprio mentre Babeo si preoccupava che questa sciogliesse la sua ragione di vita, una folata di vento fortissima la abbattè e la fece precipitare sull’intera città, sommergendola.

Il crollo spazzò via ogni cosa, coprì le case, le strade, le piazze, le chiese, e tutti i cittadini furenti se la presero con Babeo, che capì una cosa molto importante:

“A volte è meglio non fare, se tutto quello che riesci a fare è una torre di merda”.

pubblicato originariamente su Erre5 

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