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Fonderie Pisano, la guerra fra poveri nel cuore di Salerno

“Tu tien a battagl’ ncap’? Nuj teniamo la guerra” urla l’operaio a Martina, giovane ambientalista salernitana in presidio permanente in una piccola tenda appena fuori i cancelli della fabbrica. Succede anche questo mercoledì 16 marzo a Salerno in un mezzogiorno di fuoco ai piedi delle ciminiere sbuffanti delle Fonderie Pisano, quando decine di operai aggrediscono gli attivisti per il diritto alla salute. Subiscono i colpi anche i giornalisti di Fanpage.it, Antonio Musella e Giuseppe Pace. L’intero presidio è andato distrutto. “Ci hanno riempito di calci e pugni, mentre scappavamo ci hanno lanciato le bottiglie addosso” racconta Mauro Melone, collaboratore della testata Zerottonove, che aveva accompagnato sul posto i due cronisti. “Mi hanno dato un calcio nei testicoli” - racconta Matteo Zagaria, attivista di Rete della Conoscenza - “ho fatto i dovuti controlli all’ospedale, fortunatamente nulla di grave.” Anche Martina Marraffa è stata ricoverata presso il Ruggi d’Aragona, come gli stessi cronisti che annunciano: “siamo malconci ma stiamo bene”.

Correre verso il basso, mutualismo e cultura a Pomigliano d’Arco con Toni Servillo

Pino Ferraris ci ha insegnato a “praticare l’obiettivo” è questo quello che ci restituisce Pomigliano d’Arco una città della provincia di Napoli famosa alle cronache nazionali perché ospita lo stabilimento FCA (ex FIAT) da oltre 43 anni. Da qui è partita la sfida lanciata da Libera Campania e Fiom Napoli e Campania insieme alla Parrocchia di S. Felice in Princis per sostenere i lavoratori in cassa integrazione, precari, disoccupati e inoccupati attraverso un fondo sociale costruito attraverso la solidarietà. Un progetto di mutualismo e partecipazione in cui i beneficiari del sostegno di reddito indiretto (pagamento utenze, contributo una tantum sull’affitto, per le visite mediche) metteranno a disposizione della comunità le proprie competenze e saperi in uno scambio circolare di solidarietà e collaborazione. un progetto utile per far uscire dall’isolamento gli operai, ricostruire legami collettivi di solidarietà, contrastrare le mafie e la corruzione per costruire un nuovo modello di sviluppo.

Terranostra occupata: da uno spazio abbandonato al bene comune

Quello che potete leggere qui è un manifesto, un grido di passione e impegno, di amore per il territorio, ha il sapore della conquista collettiva, non della mera riappropriazione di spazi ma una continua costruzione di comunità ribelli, creative e resistenti. Terranostra occupata è un bene comune, un pensiero, un'indagine sociologica sull'umanità che è viva solo se si fa collettivo. La liberazione di spazi e la pratica della partecipazione sono centrali, soprattutto nel Mezzogiorno martoriato dalla crisi multidimensionale (economica, sociale, culturale, democratica). Lo diventano ancora di più avvengono nell'area nord di Napoli una terra difficile, spesso abbandonata ed emarginata. Per queste ragioni riportiamo qui l'appello pubblico lanciato dalle attiviste e dagli attivisti, dai cittadini e da tantissimi singoli e realtà che stanno sostenendo l'esperienza di Terranostra occupata.

"Io voglio restare in Alta Irpinia": un piccolo fiore nel deserto

Ogni volta che si spengono le luminarie della festa e i paesi cominciano a spopolarsi, dentro di te sai che l'estate sta finendo e che sta per arrivare il giorno dei saluti.

Io quel giorno lo ricordo sempre pieno di lacrime, in macchina sulla lunga discesa che dal mio piccolo paesino dell'Alta Irpinia, Sant'Andrea di Conza, porta all'Ofantina Bis, direzione Avellino.

Con il passare degli anni, le lacrime scomparivano a poco a poco, ma quel magone, quel senso di tristezza, mi accompagna ancora, ogni volta che vedo scorrere alla mia sinistra il campo sportivo e la madonnina prima dell'ultima curva. Poi, una volta superato anche il lago di Conza, penso: "tanto torno presto".

Regionali 2015: eppur si muove

Che quello dell’astensione sia il vero partito di maggioranza relativa nel nostro paese è un dato ormai consolidato. Nel Mezzogiorno – per varie motivazioni storiche, politiche e sociali – va ancora peggio. Con le elezioni europee si è toccato il punto più basso della storia repubblicana: ha votato il 51% degli aventi diritto in Campania e Puglia, il 45% in Calabria, appena il 42% in Sicilia. La sensazione è che per le prossime elezioni regionali le percentuali possano abbassarsi ancora. In Calabria – dove si è votato lo scorso autunno – ha preso parte al voto poco più del 43% degli aventi diritto, circa 17 punti percentuali in meno rispetto alla precedente tornata per l’elezione del Presidente del consiglio regionale. Il tutto sicuramente viziato dall’indecoroso spettacolo offerto dalla classe politica a livello nazionale quanto regionale: semplificando il concetto, potremmo affermare che solo i consigli regionali della Valle d’Aosta e del Friuli Venezia Giulia sono rimasti immuni da scandali, inchieste e denunce per l’utilizzo distorto di rimborsi destinati all’attività politica dei gruppi consiliari. Questa circostanza – purtroppo – non ha riguardato solo il Trota o Nicole Minetti, ma ha tristemente toccato in modo trasversale quasi tutte le forze politiche, a partire dal Pd e da Forza Italia, fino al M5S, come nel caso emiliano.

"Sfrattate Pulcinella!": Acerra, un altro museo a rischio chiusura

“Sfrattate Pulcinella!”. Sì, non stiamo scherzando. Cacciare via la maschera del teatro napoletano. Può sembrare grottesco, forse un modo per fuggire finalmente da una retorica su Napoli fatta di luoghi comuni e folklore. Ma in realtà non è nulla di tutto questo.
Siamo ad Acerra, Napoli, Campania Felix. La città passata alle cronache per l'inceneritore, divenuta emblema e centro della cosiddetta Terra dei Fuochi e che oggi soffre dei gravi problemi portati dall'avvelenamento del territorio perpetuato per anni ad opera della camorra. La città del biocidio, come molti dicono. Dove invece di sfrattare la “munnezza” si sfratta un museo, quello di Pulcinella appunto. Sì, lui.

Vincenzo De Luca: da Salerno alla Campania, l'impero oltre il ventennio

Il primo marzo si sono svolte le primarie del Partito Democratico per le elezioni regionali in Campania. Il risultato ha visto prevalere Vincenzo De Luca su Andrea Cozzolino: 52 a 44 il distacco in percentuale di voti. Nella provincia di Napoli hanno votato 65mila persone, mentre nel capoluogo salernitano, con un bacino elettorale tre volte inferiore, ben 50mila elettori hanno partecipato alla contesa per la leadership del centrosinistra. De Luca, ormai ex sindaco e neo candidato governatore, è stato condannato in primo grado per abuso di ufficio ed è decaduto dalla carica di sindaco per incompatibilità, per aver ricoperto al contempo il ruolo di viceministro nel governo Letta.

Campania: dieci anni di diritti negati

Era il 7 febbraio 2005 quando entrava ufficialmente in vigore la legge regionale n.4 del 2005 sul diritto allo studio in Campania. A distanza di dieci anni l'Unione degli Studenti Campania denuncia con forza l'immobilismo della Regione. Zero euro questa è la cifra che investe la Campania nel diritto allo studio universitario, stessa cifra investita dalla legge regionale. Il paradosso di avere una delle "leggi regionali sul diritto allo studio più avanzate nel Paese", una legge nata nelle piazze e nelle scuole e imposta alla politica, spesso sorda ai bisogni dei cittadini, che all'epoca sosteneva pubblicamente "è inutile approvare una legge per gli studenti delle scuole superiori che non possono neppure votarci!". Quella legge proposta dall'Uds Campania fu frutto della maturità degli studenti che risposero, scrivendo articolo per articolo, a chi insinuava che le loro lotte erano sterili, evanescenti, per partito preso. Ci si opponeva alla Riforma Moratti, nelle piazze del Paese giravano escavatori pronti a demolirla, una lungimiranza straordinaria visto che la devastazione della scuola pubblica a cui assistiamo oggi è anche figlia di quella stagione perchè i germi di quella proposta restano ancora in giro.

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