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Fonderie Pisano, la guerra fra poveri nel cuore di Salerno

  • Scritto da  Marco Mastandrea
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Fonderie Pisano, la guerra fra poveri nel cuore di Salerno

“Tu tien a battagl’ ncap’? Nuj teniamo la guerra” urla l’operaio a Martina, giovane ambientalista salernitana in presidio permanente in una piccola tenda appena fuori i cancelli della fabbrica. Succede anche questo mercoledì 16 marzo a Salerno in un mezzogiorno di fuoco ai piedi delle ciminiere sbuffanti delle Fonderie Pisano, quando decine di operai aggrediscono gli attivisti per il diritto alla salute. Subiscono i colpi anche i giornalisti di Fanpage.it, Antonio Musella e Giuseppe Pace. L’intero presidio è andato distrutto. “Ci hanno riempito di calci e pugni, mentre scappavamo ci hanno lanciato le bottiglie addosso” racconta Mauro Melone, collaboratore della testata Zerottonove, che aveva accompagnato sul posto i due cronisti. “Mi hanno dato un calcio nei testicoli” - racconta Matteo Zagaria, attivista di Rete della Conoscenza - “ho fatto i dovuti controlli all’ospedale, fortunatamente nulla di grave.” Anche Martina Marraffa è stata ricoverata presso il Ruggi d’Aragona, come gli stessi cronisti che annunciano: “siamo malconci ma stiamo bene”.

La mattanza. Decine di operai sono usciti di corsa dal deposito della fabbrica e hanno colpito la tenda, gli striscioni, gli attivisti, i giornalisti e anche una passante. Quindici minuti di rabbia fino a quando non sono giunti altri colleghi per fermarli. Un operaio, tra i più inferociti, ha avuto un malore e si è accasciato a terra per poi venire trasportato in ospedale. Nel loro indifendibile gesto c’è la paura di perdere il lavoro; nella fuga dei cronisti c’è la difficoltà di svolgere il proprio lavoro; nel presidio degli attivisti l’esasperazione di chi non ritiene tutelato il proprio diritto alla salute. Intanto, le auto che passavano per la via della mattanza non telefonano alle forze dell’ordine, ingranano la marcia e via, per mettersi in contatto con chi di dovere bisogna aspettare che una vittima in fuga digiti il 113 mentre volano bottiglie di vetro e urli “dovete correre immediatamente, hanno picchiato pure due giornalisti”.

La sospensione e la riapertura. Sono 150 circa gli operai delle Fonderie Pisano, 150 famiglie che nelle scorse settimane hanno singhiozzato alla notizia diffusa dal governatore Vincenzo De Luca di sospendere le attività perché l’azienda per assenza di sicurezza, dispersione di materiali tossici e mancata etichettatura dei rifiuti. E chissà cosa hanno pensato i residenti di zona quando appena due giorni dopo la fabbrica è stata riaperta. In via della Partecipazione si parla di sopravvissuti – come riporta La Città – su 30 residenti in 13 hanno avuto malattie tumorali e solo 3 si sono salvati; chissà cosa avranno detto gli abitanti in via Magna Grecia che su 40 residenti di un palazzo sono corrisposti 12 decessi di recente.

Il presidio permanente. Mentre le signore anziane in via dei Greci si sono stufate di ripulire le ringhiere e il pavimento dei propri balconi - “tanto ogni giorno si sporca, a che serve pulire, teniamoci la polvere” - Martina ha montato la tenda e adesso che è stata distrutta eccone una nuova, leggermente più piccola, accompagnata ancora dai cittadini e dagli attivisti. L’amministrazione delle Fonderie rende noto che è pronto l’avvio di un’azione legale nei suoi confronti dell’attivista. Diversi cittadini la sostengono e non manca la presenza di comitati civici nati proprio per chiedere la delocalizzazione della fabbrica.

Le sentenze. In questa battaglia contro l’insostenibile leggerezza delle polveri sottili, le Pm10 che avvelenano la città, contro l’inquinamento e la criminosità aziendale fa fede la sentenza del Tribunale del 2007 per l’abbandono di rifiuti speciali pericolosi, lo scarico di acque industriali nel fiume Irno senza autorizzazione, il superamento dei limiti di soglia per piombo, rame e zinco e, ancora, la realizzazione di impianti produttori di fumi in atmosfera senza l’autorizzazione, emissioni di gas e polveri atti a molestare gli abitanti della zona. In aggiunta, l’azienda nel 2015 ha patteggiato pagando un’ammenda di 800 euro per la produzione di fumi e polveri idonei ad offendere e molestare le persone residenti in zona, esercizio dell’impianto di fonderie senza autorizzazione e mancanza di adeguati interventi a favore dei lavoratori.

La sera della mattanza, a mente fredda, qualcuno avrà pensato di preparare uno striscione, sintetico e inequivocabile: “No alla guerra tra i poveri”. E’ stato piantato tra le sbarre del cancello delle Fonderie. Ecco il punto. La città deve riscoprire la via per un dibattito civile se vuole risolvere una questione che assilla da decenni i cittadini e comporta l’incertezza dei lavoratori. In attesa di una risposta istituzionale che sia chiara e definitiva e non l’ennesimo tavolo tecnico, il primo dedicato alla vicenda è stato aperto dieci anni fa, il dibattito elettorale ha accolto il caso Fonderie Pisano nel calderone. C’è bisogno nel caso di Salerno come in tanti altri casi in Italia di una soluzione sincera ed efficace per non morire di salute, ma nemmeno di fame.

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