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Alle origini del Primo Maggio: la storia dei "martiri di Chicago"

Si chiamavano August Spies, Albert Parsons, Adolph Fischer, George Engel, Louis Lingg, Michael Schwab, Samuel Fielden e Oscar Neebe. Furono tedeschi e americani, socialisti e anarchici. Ma più di tutto lavoratori e uomini liberi, e la storia li ricorda come "martiri di Chicago". Era a Haymarket Square, il 4 maggio 1886. Lì, in pieno centro di Chicago, si stava svolgendo un presidio di lavoratori in segno di protesta contro le violenze della polizia, che erano seguite agli scioperi dei giorni precedenti. Quel 4 maggio era sabato; e cadeva nel tempo in cui il sabato era ancora un giorno lavorativo come un altro, in fabbrica si restava anche quattordici ore e il diritto sindacale era parola di rivoluzionari.

Il raduno aveva avuto inizio nel pomeriggio ed era filato tutto liscio quando, finito il discorso di S.Fielden, una delegazione della polizia si avvicinò al palco e decise di disperdere la folla. A quel punto il finimondo: un ordigno esplose a pochi passi dalla prima fila e immediatamente la polizia iniziò a sparare. Sul terreno rimasero decine di morti e di feriti. Tempi duri erano quelli per i lavoratori statunitensi. Erano gli anni del cosiddetto "crony capitalism", dello sfruttamento monopolistico e delle connivenze imprenditoriali col sistema giuridico. Ma ancor più duri erano i tempi per i socialisti e gli anarchici: colpevoli di denunciare i soprusi, rei di rivendicare un'esistenza migliore e responsabili di scioperare.

Meschina la penna di quei giornali che li dipingeva come sovversivi, vile la mano di quella giustizia che li perseguitava come criminali. Subito dopo i fatti di Haymarket Square, le autorità locali arrestarono August Spies, Albert Parsons, Adolph Fischer, George Engel, Louis Lingg, Michael Schwab, Samuel Fielden e Oscar Neebe, accusati di aver organizzato l'attentato. Nonostante l'assenza di prove, vennero condannati e il governatore dell'Illinois Richard James Oglesby aprì loro le porte del patibolo. Solo uno di loro, Oscar Neebe, venne condannato a 15 anni di carcere, mentre la pena di Michael Schwab e Samuel Fielden fu tramutata in ergastolo. Agli altri spettava l'impiccagione. Fischiavano le corde della forca e si scaldavano le mani del boia il 10 novembre 1887, la notte prima dell'esecuzione. Di quella notte e di quelle ore di pena e di dignità incalza ancora la cronaca redatta da José Martì, nei suoi anni nordamericani. Si sa che Louis Lingg, il giovane falegname, si uccise nella sua cella con una capsula di dinamite nascosta in un sigaro. Si sa che Albert Parsons, l'invincibile oratore, imprecò contro l'ingiusto mondo che stava per condannarlo a morte e bevve, alla salute della loro lotta, tre bicchieri di vino di Porto.

Si sa che August Spies, come ai tempi in cui era direttore dell' "Arbeiter-Zeitung", scrisse lunghe lettere di denuncia e riempì l'aria con dense boccate di fumo. Si sa infine che Albert Fischer ruppe l'angoscioso silenzio della cella, intonando col volto verso il cielo i versi de "la Marsigliese". Furono tedeschi e americani, socialisti e anarchici, lavoratori e uomini liberi. Divennero i "martiri di Chicago". Pochi anni dopo, nell'estate del 1889, durante il congresso della Seconda Internazionale, in memoria degli scioperi per il raggiungimento delle otto ore che anticiparono i fatti di Haymarket Square, si decise di proclamare il 1° maggio giornata internazionale dei lavoratori. Poco prima di morire, l'11 novembre 1887, sulla forca August Spies gridò: "Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più potente delle voci che strangolate oggi".

Da allora, ogni primo maggio, quando le macchine delle fabbriche si fermano, le ciminiere smettono di fumare e le braccia riposano, la voce di Spies pare riecheggiare le medesime parole. Sussurrando nelle orecchie dei profittatori di ogni tempo e augurando buon primo maggio a quelli di ieri, a quelli di adesso e a quelli che scriveranno altre storie di libertà.

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