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Quell'osceno e ingannevole baratto tra articolo 18 e diritto al futuro

BarattoIpotesi inquietanti vedono la luce, nel dibattito sulle proposte di riforma del mercato del lavoro del nostro paese. In particolare, filtra un'indiscrezione, accreditata da «Repubblica» come il cardine attorno al quale si potrebbe trovare l'intesa tra Governo e parti sociali, secondo la quale sarebbe in piattaforma di lancio una sorta di scambio, avente ad oggetto la vita lavorativa dei futuri nuovi assunti.

Per chi si affaccia al mondo del lavoro dopo l'entrata in vigore della riforma, in cambio di una riduzione netta delle forme contrattuali precarie (su questo punto staremo a vedere, ma ci permettiamo di dubitare), l'articolo 18 non sarà mai applicabile, mentre resterà in vigore per chi già ne beneficia a quella data. In questa maniera si recepirebbero le osservazioni fatte ormai alcuni mesi orsono dalla Banca Centrale Europea, che addita come una anomalia italiana il fatto che un lavoratore che viene licenziato senza giusta causa abbia il diritto al reintegro sul posto di lavoro, qualora venga riconosciuta la sua ragione in sede giudiziaria. 

Ora, è forse superfluo fare notare come sembri invece una misura minima di tutela contro potenziali abusi del datore di lavoro il fatto di avere garantita la propria fonte di reddito, se si accerta che il rapporto lavorativo è stato interrotto con finalità discriminatorie e adducendo motivazioni non corrispondenti alla verità. Ed in effetti su questo molto è stato scritto.

Se possibile tuttavia le novità che si prospettano sono ancora più gravi e prefigurano una ulteriore regressione nella maniera di affrontare e concepire il tema del lavoro dipendente.
Si confonde volutamente quello che è un diritto inalienabile e non trattabile – il diritto ad avere un futuro, il diritto a non avere la propria vita in balia di un contratto precario, il diritto ad una progettualità, il diritto alla sicurezza, il diritto di essere liberi dai ricatti connaturati nell'essere assunti a progetto, a chiamata o come stagisti – si confonde tutto questo per una concessione o un'elemosina che Governo e datori di lavoro fanno, chiedendo in cambio, in compenso, il diritto a licenziare senza dover neanche fornire una motivazione.
Così facendo però, se da un lato fingono di dimenticare che c'è una generazione che ha già dimostrato che non è disposta a negoziare né mediare su alcuni punti fermi ed alcuni diritti, dall'altro presentano come inconciliabili ed incompatibili due valori che invece possono essere tutelati pienamente solamente insieme: la garanzia di un futuro libero dalla precarietà e la garanzia di lavorare senza possibilità di essere ricattati e disciplinati attraverso la minaccia del licenziamento.

A quanto pare, quindi, i cosiddetti "tecnici" stanno imparando molto rapidamente come si fa la politica. Così congegnata, la proposta di scambio è una molto ben orchestrata polpetta avvelenata da propinare ai sindacati, perché, almeno apparentemente, non tocca chi è già tutelato dall'articolo 18, che già lavora e che quindi forma oggi le fila di chi è sindacalizzato, scaricando le ripercussioni su chi ancora non ha fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro. Il sindacato però deve e dovrà, se vorrà mantenere un ruolo minimo di rappresentanza sociale del mondo del lavoro, capire che non si possono più fare i conti senza una marea montante di giovani e meno giovani, apparentemente senza voce perché priva di rappresentabilità diretta, ma pronta a travolgere gli argini e riprendersi da sé il suo presente ed il suo futuro.

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Ultima modifica ilLunedì, 21 Ottobre 2013 15:11
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