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Basta discussioni sull'Art 18; serve il Lavoro, vero

Basta discussioni sull'Art 18; serve il Lavoro, vero

Sembrerebbe la classica discussione estiva, quella di chi non sa di cosa parlare sotto l'ombrellone. Invece preoccupa il dibattito sull'articolo 18 perchè ormai Ferragosto è diventato il giorno utile per cancellare i diritti.

Non ci stiamo. No, non vogliamo partecipare all'ennesimo dibattito sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Legge n.300 del 20 maggio 1970 leggete tutto lo Statuto per capirne la modernità). Il dibattito lo riapre Alfano, per fare "qualcosa di destra" spinto dai cavalieri anti-lavoratori, Sacconi e Brunetta su tutti. E' la metafora della cura della calvizie, utilizzata egregiamente da Umberto Romagnoli, per mettere qualche capello (diritti) in testa ai calvi (i precari) si tagliano quelli di chi ne ha di più (secondo il pensiero dominante a quelli che ancora oggi vengono definiti "garantiti"). Ma non si considerano alcune cose, come ad esempio che i diritti sono illimitati, che non sono un costo da tagliare, che non si migliorano le condizioni dei lavoratori livellandole verso il basso. Anche perchè nel frattempo i "capelloni" sono diventati bianchi e vorrebbero anche godersi la pensione, altro diritto negato a vecchi e giovani. Questa è l'era della rottamazione certo, ma dei diritti e delle tutele individuali e collettive.

Non vogliamo che ci sia ancora una discussione su questo articolo dello Statuto. Non vogliamo perchè riproduce la logica di vecchi contro giovani dello storico dividi e impera. Respingiamo queste logiche perchè la nostra generazione non ha mai conosciuto questo dispositivo di tutela individuale, certo conservativo, ma indispensabile per rivendicare diritti per tutte e tutti (precari compresi).

La distruzione del lavoro nel nostro Paese precede spedita e per questo sono necessarie alleanze orizzontali e solidali capaci di rivendicare verso l'alto e praticare una nuova società verso il basso. Abbiamo bisogno di un nuovo programma per il lavoro, costruito collerrivamente, da un lato in senso negativo, cioè contro qualcosa, respingendo con forza lo scmpio a cui stiamo assistendo dall'altro in senso positivo attraverso una proposta articolata capace di ridare prospettiva e futuro ai lavoratori, costruire solidarietà e avviare processi mutualistici.

Restiamo dell'idea che bisogna partire dalla cancellazione delle norme vergogna di questi anni dal collegato lavoro all'articolo 8 del DL 138/2011 rimettendo al centro la sicurezza dentro e fuori i luoghi di lavoro, come abbiamo già avuto modo di dire qui e ripartire con la battaglia contro i provvedimenti del Governo Renzi.

Questo dovrebbe essere il faro per una rivendicazione alta capace non solo di difendere l'esistente ma di realizzare un futuro sostenibile. Insieme a questo però serve una mobilitazione generale capace di dare protagonismo ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati e a tutti coloro che oggi vengono respinti ed emarginati nel mercato del lavoro per mettere in piedi una proposta credibile e forte.

Questo dibattito è sintomatico dell'arreratezza della classe dirigente del Paese: politica e imprenditoria sostengono ferocemente l'abolizione dell'art.18, non solo in modo ideologico ma anche come processo di deresponsabilizzazione rispetto alla loro incapacità, contemporaneamente il Sindacato cerca di difende questo strumento perchè utile per la sindacalizzazione e per difendere in modo generale i diritti, nonostante le storture del nuovo articolo firmato Fornero.

Ma la libertà di licenziamento in Italia è duffusa. Esistono una miriade di contratti precari che prevedono la disdetta unilaterale da parte dei datori di lavoro e anche con l'articolo 18 (vecchio e nuovo) gli spazi per i licenziamenti, anche quelli discriminatori, erano e restano ampi: ad esempio basta abolire un ufficio, aprire procedure di mobilità temporanee e il gioco è fatto. Le aziende hanno sempre il coltello dal parte del manico, come si usa dire. Piuttosto quindi bisognerebbe ampliare i diritti, estenderli, cancellare le tantissime tipologie contrattuali. Qui, invece, si rimette in discussione uno strumento di tutela che esiste in tutti i Paesi europei che negli anni hanno addirittura scelto di potenziare le norme contro i licenziamenti illegittimi. Se va ancora di moda questo dibattito la responsabilità è anche della sinistra, sindacale e politica, che in questi anni non hanno saputo innovare pratiche, costruire dal basso e mettere insieme progetti e processi reali. L'eredità di questi dibattiti ammazza-lavoratori ci spinge a pensare ad una progettualità comune, a un fronte per il lavoro. O si compie questa scelta di campo o il Paese perisce definitivamente.

Ultima modifica ilGiovedì, 28 Agosto 2014 22:44
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