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il 23 gennaio il movimento lgbtqi scende in piazza, in modo timido e impreparato.

E' l'ora di essere rivoluzionari

E' l'ora di essere rivoluzionari

Il 23 gennaio in molte piazze italiane il movimento Lgbtqi scenderà in piazza. Il tema della mobilitazione è la discussione al senato del Ddl Cirinnà, un testo di legge che introdurrebbe le unioni civili anche in Italia aperte sia agli omosessuali che, in parte, agli eterosessuali. Questo testo non prevede le adozioni per le coppie omosessuali ma solo le Step Child adoption, una formula di adozione in cui il/la partner di una persona con un figlio, può adottare lo stesso, in modo da condividerne la genitorialità. Questo è sicuramente un grande passo in avanti per molte coppie, ma non per tutte, dato che l'impossibilità di accedere in Italia alla fecondazione assistita e alla gestazione per altri (GPA) rende difficile agli omosessuali, in particolar modo i gay, diventare genitori, senza considerare il problema dell'adozione.

Un bicchiere giudicato da tutto il movimento più vuoto che pieno. Un passo in avanti si, ma molto timido, che mette una foglia di fico ad un vuoto legislativo ormai ventennale, e che fa avanzare l'Italia dall'essere davvero l'ultimo paese europeo a non avere una norma in merito.

Da notare che questa distanza fra ciò che riporta il Ddl e il matrimonio è una scelta consapevole del governo, compiuta con trovate lessicali come "formazioni sociali specifiche" e replicando interi pezzi del diritto di famiglia per non farvi riferimento. Il fatto che il bicchiere sia mezzo vuoto non è dunque un'opzione di faziosi, ma l'esito di un processo di mediazione con i cattolici del governo.

Le manifestazioni del 23 hanno uno slogan “è l'ora di essere civili, #svegliatitalia. Un passo avanti per l'uguaglianza”. Uno slogan che riassume bene l'approccio dell'iniziativa: timido.

Per dirla in parole povere: se una persona mi deve molti soldi da vent'anni, se me ne da una parte, li prendo. Il problema è che non lo ringrazio per questo, anzi, ha fatto solo una parte del suo dovere.

Così anche per il governo la piena uguaglianza dei diritti delle persone omosessuali e transessuali non è una gentile concessione, sono diritti che spettano in pieno a ciascuno di loro. Il fatto di concederne solo una parte è una decisione politica miope e vecchia di un governo che si ostina a mediare con i cattolici e con il centrodestra (Alfano) i diritti delle persone. Come del resto fatto sull'abolizione del reato di clandestinità, sulla detenzione della cannabis e sui diritti civili.

A onor del vero, sulle unioni civili con le step child adoption, il presidente del consiglio si era già espresso nelle primarie, facendone la sua posizione. Tuttavia, aveva anche promesso che le avrebbe fatte entro i primi 100 giorni di governo, e questi 100 giorni sono scaduti da molto, molto tempo.

Il problema è la timidezza, è l'essere più realisti del re. Il confine fra lo scendere in piazza sostenendo il ddl Cirinnà ma dichiarando di voler in un futuro l'uguaglianza e scendere in piazza sostenendo l'uguaglianza ma portando a casa un risultato misero ma utile, è molto labile.

Sembra un bizantinismo, eppure è il cuore della faccenda. Nel primo caso si sostiene il governo, nel secondo lo si attacca.

Sembra irragionevole che un movimento lgbt sostenga un governo che invece che concedergli ciò che ha chiesto gliene concede solo una parte, persino piccola. Se un sindacato portasse a casa il 30% di ciò che si è dato come obbiettivo di una trattativa, farebbe uno sciopero nei confronti della controparte, non la sosterrebbe per nulla.

Sarebbe ridondante addurre fra i motivi di questa timidezza il rapporto fra una parte del movimento e il PD in virtù della comune e (molto) lontana provenienza dal PCI. Il problema è proprio di sudditanza culturale, di una mancanza di autonomia di pensiero.

Perché lo slogan e il testo scarno dell'iniziativa ci restituiscono un problema strategico nel perseguire gli obiettivi, non tattico rispetto ad una singola iniziativa.

C'è da sperare che le piazze del 23 vengano riempite e che questo Ddl venga approvato. Per il bene di molti figli di coppie omogenitoriali a cui dobbiamo garantire dei diritti.

Ma per dirla come Pietro Ingrao “cari compagni, non mi avete convinto” questa strategia è troppo timida e subalterna per essere utile all'obiettivo dell'uguaglianza.

Ultima modifica ilGiovedì, 14 Gennaio 2016 15:41
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