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Ve l’avevamo detto. Il PD e la propaganda sui diritti LGBTQI.

bersaniNel 2006, l’Ulivo, dalla cui esperienza poi nascera’ il PD, si mette alla guida di una larghissima coalizione di centro-sinistra, l’Unione, che si candida a governare il paese. Ci avete detto di essere fiduciosi, perché le famigerate sette righe del programma dell’Unione in tema di unioni civili – imposte da Margherita e Udeur – lasciavano spazio a varie forme di riconoscimento delle coppie di fatto (allora ci accontentavamo). Con la vittoria dell’Unione, Prodi, capo del nuovo governo, crea ad hoc per Rosy Bindi il Ministero (conservatore e dal retrogusto fascista) per la Famiglia, ma ci dite di non preoccuparci: Rosy Bindi viene dalla migliore tradizione cattolica, quella più laica, tant’è che viene messa a lavoro, insieme a Barbara Pollastrini, per trasformare in una proposta di legge le famigerate sette righe. Approntano i DiCo, offensivi per la dignità di qualsiasi convivente etero o omo che fosse, e ci assicurate che sono comunque un primo passo e che in Parlamento possono essere modificati. Di fronte al Family Day, siamo costretti a scendere in piazza per difendere quell’obbrobio. I DiCo vengono modificati in peggio, cambiano nome e perdono ancora di piu consistenza, e il governo ci cade sopra. Ve l’avevamo detto.

Nel 2007, mentre il movimento LGBTQI inizia, con il Pride nazionale di Roma, a unirsi intorno alle tre parole chiave parità, dignità, laicità, nasce il PD, il partito nuovo che ha la missione di fare un’Italia nuova. Walter Veltroni, candidandosi a guidare il partito che ha tanto voluto, al Lingotto, a dieci giorni dal gigantsco pride romano, dice che “a guidarci deve essere quel senso della misura, e dell'amore per la coesione della propria comunità, che deve spingere a cercare sempre un punto di incontro virtuoso che non mortifichi i convincimenti degli uni o degli altri. È questo spirito di ricerca e di confronto che sta alla base della proposta di legge sui Dico. Se è certamente vero ciò che Savino Pezzotta ha detto, circa il valore costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio, è altrettanto vero che, come hanno fatto tutte le altre grandi democrazie, anche in Italia è giusto riconoscere i diritti delle persone che si amano e convivono”.
Il richiamo all’esperienza dei DiCo si rivelerà sintomatico. Di fatto, poi, non c’è nessuna coesione, perché non ci sono dei valori comuni intorno ai quali si vuole costruire la comunità. Di fatto è una fusione a freddo tra DS e Margherita, tra i quali non si trova un punto di incontro virtuoso. Di fatto non si mortificano i convincimenti di alcuni a vantaggio di quelli di altri. L’Italia rimane quella che è, anzi peggiora, e il PD – quanto a coesione e a programma – diventa il partito del “ma anche”, quindi del tutto e in realtà del nulla. Il movimento LGBTQI chiede parita dei diritti, quindi il matrimonio, ma le famigerate sette righe rimangono sostanzialmente uguali. Ve l’avevamo detto.

Nel 2008 si va ad elezioni anticipate. Walter Veltroni richiama al “voto utile” e voi, sulla scia di questo ricatto morale, ci dite che se vogliamo avere interventi legislativi sulle questioni LGBTQI l’unica prospettiva è votare il PD. Siamo scettici e ci dite di essere fiduciosi: Veltroni viene dalla migliore tradizione comunista, quella più laica, e troverà una linea sui diritti LGBTQI. Il PD non convince e non vince, il voto utile serve solo a cacciare la sinistra dal Parlamento e la candidatura del redivivo Francesco Rutelli regala Roma a Gianni Alemanno. Ve l’avevamo detto.

Nel 2009, verso fine estate, scoppia l’emergenza omofobia. Emerge un problema che vede nella violenza e nelle agressioni la punta di un iceberg fatto di sofferenze a scuola e sul posto di lavoro, di quotidiani piccoli gesti discriminatori, di esclusioni silenziose, di vergogna ad esprimersi in pubblico. La politica decide che e’ ora di intervenire sul problema con interventi securitari, convinta che l’omofobia si combatta nelle aule dei tribunali. In particolare il PD, attraverso Anna Paola Concia, si fa promotore di una battaglia in favore di una legge contro l’omofobia. In una strenua quanto poco proficua strategia trasversale, con la quale si innalza la convertita Mara Carfagna ad eroina dei diritti LGBTQI, la proposta di legge si sostanzia in un’inapplicabile aggravante per i reati a sfondo omofobico.
A noi quella proposta non piace, preferiamo la modifica della legge Mancino; voi ci dite che e’ l’unica cosa che si puo’ ottenere. Nonostante tutto, cosi’ come per i DiCo scendiamo i piazza a difenderla. Non era l’unica cosa ottenibile e infatti la proposta di legge non passa, per ben due volte. Era meglio lottare per qualcosa di meglio. Ve l’avevamo detto.

Nel 2010,a febbraio, dopo l’appoggio (fantomatico) del PD alla candidatura di Emma Bonino alla Regione Lazio, Paola Binetti esce dal partito. Gia’ a novembre 2009 Francesco Rutelli aveva lasciato il partito che aveva contribuito a fondare, denunciando una sua (fantomatica) deriva a sinistra. Quale migliore occasione per voi per farci credere che il PD e’ a una svolta. Ma e’ un boomerang: con la fuoriuscita di Paola Binetti si rompe lo specchietto per le allodole. Vengono a galla le contraddizioni del partito e la sua incapacita’, fino ad allora mascherata dal capro espiatorio, a definire una linea sui diritti LGBTQI (e su tante altre questioni). Ve l’avevamo detto.

Nel 2011, il 4 febbraio, la direzione del PD, affermando la centralita’ dei diritti nel progetto dell’Italia futura, istituisce la “commissione sui laicita’ e diritti”. I diritti civili sono per definizione laici, ma il PD non lo sa e costruisce la sua “plutarlita’” intorno a un “binomio” dialetticamente inesistente. “Siamo consapevoli di avere impostazioni culturali diverse e per questo dobbiamo trovare una sintesi plurale rispettosa di tutte le sensibilità”. Una sintesi, puo’ essere condivisa, ma non puo’ essere plurale, altra contraddizione in termini. Sono parole della presidente del PD, Rosy Bindi, appena nominata presidente della commissione e anche queste si riveleranno sintomatiche. Di nuovo lei, Rosy Bindi, questa volta messa a li’ a fare l’abirtro, di parte. E, come se i DiCo non avessero insegnato nulla, ci ripetete che c’e’ da essere fiduciosi. Noi siamo convinti di una cosa: se si tratta di trovare una sintesi, allora da quella commissione non uscira’ una proposta sul matrimonio. Ve l’avevamo detto.

Nel 2012, dopo un anno e mezzo di discussioni e tensioni, la commissione produce un documento da sottoporre all’assemblea del PD. Voci di corridoio lasciano intendere che il PD si impegnera’ per uno dei cosiddetti istituti equivalenti al matrimonio: la Civil partnership all’inglese o la Lebenspartnershaft alla tedesca. Il segretario del PD, ad inizio giugno, nella lettera di adesione al Pride Nazionale di Bologna, cita Barack Obama e Francois Hollande, ricorda il loro recente impegno per i pari diritti per le persone LGBTQI, ma non riesce a scrivere la parola matrimonio. Tant’e’ che per far uscire l’Italia dal Far West preannuncia un non meglio definito “presidio giuridico” per le “convivenze stabili” (come se a una coppia eterosessuale si chiedesse un attestato di sabilita’!, ndr).
La commissione doveva trovare una sintesi e invece produce un documento che piuttosto che un piano di proposte legislative pare una risoluzione delle Nazioni Unite. Nel documento si legge che “Il Pd, auspicando un più approfondito bilanciamento tra i principi degli articoli 2, 3, e 29 della Costituzione, quanto in specie alle libere scelte compiute da ciascuna persona in relazione alla vita di coppia ed alla partecipazione alla stessa, opera dunque per l'adeguamento della disciplina giuridica all'effettiva sostanza dell'evoluzione sociale, anche introducendo, entro i vincoli della Costituzione e per il libero sviluppo della personalità di cui all'art. 2, speciali forme di garanzia per i diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali” (la chiarezza non e’ di casa nel PD, ndr). La militanza LGBT all’interno del partito, che pure aveva i suoi rappresentanti in commissione, non condivide quel documento, e annuncia battaglia. Divisa tra chi continua a giocare al ribasso, proponendo le unioni civili, e chi prova a rilanciare con i matrimoni, presenta un documento da contrapporre a quello della commissione. La presidente del PD, Rosy Bindi, sempre lei, in evidente conflitto d’interessi, non permette la votazione del documento perche’ “preclusa” dalla precedente approvazione del suo documento. E’ bagarre. Oltre agli evidenti problemi di democrazia interna, che per un partito che si chiama Democratico sono grotteschi, vengono a galla pericolose mistificazioni e gravi inesattezze: nel documento si afferma che la nostra Carta costituzionale e la sentenza del 2010 della Corte costituzionale escludono la possibilita’ di estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Chi conosce la Costituzione e chi ha analizzato quella sentenza sa che non e’ cosi. Rosy Bindi conferma la sua ignoranza durante la festa del PD a Roma e minaccia chi la contesta di non legiferare nemmeno sulle unioni civili.
Pierluigi Bersani in un’intervista al Corriere della Sera la “chiude li’”: “Noi proponiamo le unioni gay nei dintori della soluzione tedesca”. Perche’ noi siamo italiani e le cose le dobbiamo fare per forza a modo nostro: bastava prendere i Pacs francesi e invece si sono inventati i DiCo; bastava prendere tutto il modello tedesco, che comunque non e’ garanzia di pari diritti, e invece ci ruotano intorno (per non parlare, cambiando campo, della legge elettorale). "A chi dice che è troppo – continua Bersani al Corriere – rispondo che non possiamo stare fermi alla stessa legislazione di Cipro e Turchia. A chi dice che è poco, rispondo che chi vuole saltare tre scalini alla volta rischia di rimanere al palo. Ricordo che viviamo in un Paese dove non è ancora stato possibile approvare una legge contro l'omofobia". Bersani usa come alibi la legge contro l’omofobia, come se non ci fossero colpe del PD. Bindi, sempre rispondendo ai contestatori, ci rinfaccia e usa come alibi il suo impegno sui DiCo, come se il movimento LGBTQI non abbia sufficientemente spiegato che non sente la mancanza di una legge truffa sulle coppie di fatto. E mentre Fioroni canta vittoria, ci assicurate che la battaglia non e’ persa. Bersani conferma la strada tedesca, Fioroni si accoda e voi vi tranquillizzate. Se ne riparla a settembre. Ve l’avevamo detto?

Ultima modifica ilLunedì, 21 Ottobre 2013 17:51
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