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Congedo corsaro dall'anno che è stato

Congedo corsaro dall'anno che è stato

Secondo la leggenda, antiche popolazioni dell’America centrale celebravano la fine dell’anno, che non cadeva proprio il 31 dicembre, con l’accensione di un fuoco, appiccato quasi per sospendere temporaneamente il tempo che passava e abdicare da ogni pensiero negativo. In molte delle religioni ancestrali e in molti tra i riti moderni, il Capodanno è il momento della rinascita: un ciclico passaggio tra la vita che è stata con il nuovo anno che arriva. Oggi, con Il Corsaro, ripercorriamo sei fra immagini, storie e personaggi che quest’anno ci hanno ricordato che un altro mondo è ancora possibile.

Da quando, il 28 maggio scorso, una cinquantina di persone ad Istanbul decidevano di occupare simbolicamente Gezi Park per protestare contro la rimozione del parco decisa dal governo per lasciare spazio alla costruzione di un centro commerciale, il movimento si è allargato a dismisura. Trasformandosi nella più grande ondata di opposizione al regime del partito moderato guidato da Recep Tayyip Erdoğan. Protagonista di una involuzione che vuole fare della Turchia un esperimento unico di ibridazione di conservatorismo islamico e capitalismo occidentale, Erdoğan non ha lesinato il dispiegamento della forza contro i manifestanti, superando di gran lunga i limiti della legalità. Nonostante la dura reazione governativa, che ad oggi ha lasciato sul campo 6 morti e circa 4000 feriti, oltre a centinaia di arresti, il movimento non si è fermato.
Durante le proteste degli scorsi mesi è stato coniato il neologismo “capuling”, derivante dal turco “çapulcu” termine usato dal presidente Erdogan per stigmatizzare come ribelli e vagabondi i ragazzi che avevano dato vita alle mobilitazioni di piazza Taksim. Le notizie degli ultimi giorni ci raccontano che quelle proteste e quelle speranze, nonostante la repressione, sono ancora vive.
Come recita un noto slogan della protesta, che sia il 28 maggio o il 31 dicembre, “Everyday I’m capuling”.

 

bergoglioNelle settimane in cui le elezioni politiche aprivano ad una delle legislature più interlocutorie della Seconda Repubblica e l’elezione del presidente della Repubblica vedeva gran parte del Parlamento impelagarsi miseramente nel suo moto di autoconservazione, la Chiesa portava al soglio pontificio un anziano vescovo preso dalla fine del mondo. Dopo il pontificato di uno dei più reazionari papi degli ultimi decenni, anche l’istituzione più conservatrice del pianeta provava a rinnovarsi, eleggendo papa l’argentino José Mario Bergoglio.
Al netto di atei, clericali, cattolici e laici è stato lui, senza dubbio, è una delle figure più avvincenti e convincenti del 2013. Nel vuoto sistemico di idee e di orizzonti comuni è stato il papa Francesco, supplendo al ruolo della sinistra istituzionale, a spendere parole contro la guerra, in favore degli ultimi e di speranza per gli emarginati. Dalla Siria a Lampedusa, fino ai poveri di tutti i Sud.
La sua, magari, non sarà una rivoluzione copernicana all’interno del Vaticano ma, almeno, nelle miserie di un paese in caduta libera, è riuscito a ridare voce agli sconfitti di sempre.

 

jose mujicaSecondo la rivista britannica “The Economist” l’Uruguay è stato il paese dell’anno. In pochissimo tempo il piccolo paese del Cono Sud americano ha dato via ad una vera e propria rivoluzione dal basso che ha riscritto schemi e ridato speranze nel contesto globale della crisi dell’Occidente. Quest’anno il Parlamento uruguayano ha prima approvato il disegno di legge che permette il matrimonio tra persone dello stesso sesso e poi, nelle settimane successive, ha varato la legalizzazione della marijuana. Rompendo, al contempo, e con il bigottismo della tradizione patriarcale e con le fallimentari politiche proibizioniste.
Timoniere di questa traversata nel mare dei diritti e delle libertà è stato il presidente José “Pepe” Mujica. Il democratico e visionario leader del Frente Amplio uruguayano, militante del gruppo rivoluzionario filo-castrista dei Tupamaros, è tornato alla politica solo con il ritorno alla democrazia, dopo 14 anni di reclusione trascorsi al tempo della dittatura. Lo scorso dicembre 2012, durante il G20 in Brasile, rivolgendosi ai grandi del pianeta, ha domandato: “Stiamo governando la globalizzazione o è la globalizzazione che ci governa? E’ possibile parlare di solidarietà ed unità in un’economia basata sulla concorrenza spietata? Fino a dove arriva la nostra fratellanza?”.
“ Don Pepe” la risposta l’ha data: è il diritto alla felicità.

 

stop biocidioCarmine Schiavone continua a parlare. A fare nomi, a denunciare e pure a pontificare beffardamente sui vizi del suo popolo. Ciò che è chiaro è che la “Terra dei fuochi” è un inferno tossico, che ha responsabili, fiancheggiatori e pure speculatori. Ciò che però dev’essere ancor più chiaro è che quello che descrive Schiavone è il marcio diffuso di un sistema, che dalla cattiva politica al malaffare, ha sacrificato impunemente il diritto alla vita in favore del mai concesso diritto al profitto.
Il 16 novembre scorso un vero e proprio fiume in piena fatto di cittadini, comitati, associazioni, movimenti e famiglie comune ha attraversato le strade di Napoli gridando la propria rabbia nei confronti di quel sistema. Un fiume di idee, di proposte e di progetti collettivi che sono, ad oggi, la più grande ricchezza della Campania.
Dopo la propria terra che resiste, di nobile, c’è solo la terra che decide di riprendersi la propria dignità.
“Aquí estamos” pare abbia gridato il
Fiumeinpiena di un mese e mezzo fa, proprio come quel giorno del 2001 dall’altra parte del mondo.

 

costantino BarattaSecondo il settimanale “l’Espresso”, Costantino Baratta è l’uomo dell’anno. In molti, forse tanti, non lo conoscono o a stento l’hanno visto. Lui è il muratore di 56 anni, che la mattina del 3 ottobre è uscito con la sua barca dal porto di Lampedusa, salvando dodici ragazzi mezzi annegati dopo un naufragio. Quel giorno le acque del Mediterraneo si ingrossarono di 366 corpi, quasi tutti eritrei, morti perché in fuga da un continente, e da un paese, allo stremo. La commozione che seguì in quei giorni raccontava di un classe politica totalmente impegnata a compiangere l’atrocità di una situazione che nel frattempo dichiarava clandestini gli stessi uomini e le stesse donne sopravvissute alla tragedia. E nemmeno troppo tempo dopo è arrivato l’orrore del video girato nel Centro di accoglienza che ha restituito alla nazione immagini d’altri tempi e d’altro regime.
Quello di Costantino Baratta è stato il gesto simbolo dell’uomo qualunque che, lontano dai riflettori, contro le vergognose ondate di sciovinismo qualunquista che da sempre ammantano il tema delle migrazioni, ha deciso che l’ultimo appiglio dell’umanità è il non tirarsi indietro di fronte alle miserie del presente. Nel paese dove il populismo fomenta i peggiori risentimenti del popolo, a volte è il popolo stesso che dal basso insegna ai suoi governanti il lessico della civiltà.

 

Nelson MandelaLo scorso 5 dicembre 2013, si spegnava a Johannesburg Nelson Rolihlahla Mandela. Il più ribelle figlio nero del Sudafrica bianco se ne andava all’età di 95 anni, lasciando increduli molti che giustamente lo credevano immortale. Cinque giorni dopo, allo Fnb Stadium, leader internazionali e capi di tutto il mondo portavano, l’ultimo, commosso saluto all’uomo che dopo 27 anni di reclusione era diventato il primo capo di stato di colore in un uno degli ultimi avamposti occidentali della segregazione razziale. Se in molti hanno ricordato la sua saggezza nel guidare la transizione dal regime di apartheid a quello democratico, in pochi hanno ricordato che Madiba, prima di tutto, fu un rivoluzionario. Nel 1961 divenne infatti capo dell’ala armata dell’African National Congress. Guidò, in quegli anni, una campagna di sabotaggio dell’esercito, diede vita a piani di guerriglia e perseguì la lotta armata come strategia per rovesciare l’odioso sistema dell’apartheid razzista.
Mentre era in galera, in un manifesto del 1980, scrisse “Unitevi! Mobilitatevi! Lottate!”. E questo, forse, è stato il suo più bel messaggio di uguaglianza.

Buon anno corsaro.

All’arrembaggio per un altro mondo possibile!

Ultima modifica ilGiovedì, 09 Gennaio 2014 12:44
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