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Teatro Valle: la lotta non è finita

Teatro Valle: la lotta non è finita

Una trattativa estenuante vede i “comunardi” del Teatro Valle e il comune di Roma, con l'intermediazione non proprio super partes del “teatro di Roma”, contendersi le sorti di un teatro magnifico. Ma la battaglia di queste ore sta da un'altra parte. Non è nei cavilli o nelle clausole del testo da firmare ma nel senso della lotta per i beni comuni.

Con tutta probabilità la battaglia del Valle porterà fra qualche anno ad un teatro più aperto e partecipato, gestito con delle regole più democratiche, ma si respira un'aria di sconfitta, di arresto di una battaglia più profonda e a poco servirebbe “l'onore delle armi” di farsi sgomberare.

Come è stata depontenzata la battaglia per i Beni Comuni? E come rilanciarla?

Tre erano i pilastri sui quali si fondava la battaglia del Teatro Valle Occupato per i beni comuni: il senso di “bene comune”, la produzione da questo concetto di nuove istituzioni che superino il pubblico e il privato, e nello specifico, l'affermare che la cultura e il teatro sono beni comuni; incarnazione della battaglia.

L'attacco più profondo ai Beni comuni è stato fatto sul piano del senso e del linguaggio. Abusare del temine continuamente è stato espropiare le lotte del terreno della battaglia. Da “piscina di cinisello balsamo bene comune” fino ad arrivare a “Italia bene Comune” il termine è stato logorato. Concettualmente. Nella società italiana si è espanso e applicato a cose così disparate che nelle persone ormai significa tutto e niente. Per questo per ripartire è necessario riappropriarsi del termine. Puntellarlo concettualmente. É necessario spiegare che l'Italia non può essere un “bene comune” lo sono di certo i mari, i boschi, la cultura, ma non può esserlo una “Nazione”.

L'altro piano è quello della produzione legislativa. La produzione di norme che si adattino alla realta per evitare che la realtà si debba adattare alle norme, come sta accadendo in queste ore al teatro Valle in quanto luogo fisico. La battaglia per la “fondazione teatro Valle” è stato una pugnalata al cuore delle norme. Un puntello che va affondato come ancora per le prossime battaglie.

Probabilmente è il terzo pilastro, quello dei saperi come bene comune, ingovernabile nella sua natura ma non per questo privo di regole, che nasce e vive nella condivisione, che sta il campo di battaglia su cui rilanciare. Esiste un gap, un incapacità strutturale, delle “istituzioni” della conoscenza e della cultura , sia pubbliche che private, a governare la loro produzione. Possono provare ad indirizzarla, creare filoni di pensiero, gusto, ma la conoscenza non si può governare nel senso del controllo.

E in questo “andare oltre il governabile” che sta lo spazio di manovra anche per portare avanti la battaglia sul piano delle norme e sul piano del senso dei “beni comuni”.

Mille palchi, mille mostre, mille azioni performative devono essere le pratiche di lotta, l'incarnazione del bene comune e non la sua evocazione astratta. Blitz, concerti, assemblee, cortei, monologhi e musical devono essere progettati, intessuti nella società, replicati e condivisi.

Il più bello dei Palchi è quello che non solcammo.

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