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Barcellona-Madrid: crisi, deficit e indipendentismo catalano

Barcellona-Madrid: crisi, deficit e indipendentismo catalano

Sono settimane di tensione in Catalogna. La comunità autonoma più industralizzata di Spagna ha infatti richiesto pochi giorni fa l'aiuto del Governo centrale per ovviare al suo pesantissimo deficit: 42 miliardi di euro. L'esecutivo spagnolo ha annunciato che anticiperà “in forma imminente” 120 milioni dei 5 miliardi complessivi richiesti da Barcellona affinché si faccia fronte al pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il Governo catalano ha così accettato di ricorrere al Fondo Autonomo di Liquidità di 18 miliardi istituito appositamente per le comunità autonome in difficoltà.

 

La richiesta d'aiuto di una regione che da sola produce un quinto del Pil spagnolo non è che l'ultimo capitolo a tinte fosche del dramma finanziario che da anni vive il paese. Alle infinite trattative coi vertici di Bruxelles in difesa della propria autonomia di spesa, l'esecutivo iberico deve aggiungere anche quelle con le singole comunità, restie a concedere a Madrid ulteriori margini di manovra sui propri bilanci. La richiesta d'aiuto della orgogliosa Catalogna sta accendendo ulteriormente lo scontro politico, nel quale alle questioni economiche si aggiungono gli echi nazionalisti.

Finanze controllate dall'alto
Il sistema delle autonomie prevede che quindici comunità autonome paghino le tasse al governo centrale e che da questo ricevano emolumenti mensili. La Navarra e la Comunità Autonoma Basca, invece, conservano quasi la totalità delle entrate fiscali. Ora dalla Catalogna, che sprofonda sempre più nel suo deficit, si chiede con insistenza un patto fiscale con il governo centrale affinchè si costituisca un modello più simile a quello basco e navarro. Le resistenze sono tante: in primis del partito di governo, il conservatore Partito Popolare, che con un simile accordo vedrebbe sottrarre al bilancio statale una quota importate di imposte; in secondo luogo anche di esponenti di altre comunità, come ad esempio il presidente dell'Andalusia, il socialista Josè Antonio Griñan, che fa appello al “principio di solidarietà nazionale”.

La Diada
Quel che è certo è che a Barcellona sempre maggiore è la lontananza dallo Stato spagnolo, accusato da più parti di “mungere la vacca catalana", e sempre più attraente per molti è la bandiera dell'indipendentismo. Nei giorni scorsi due consigli comunali hanno simbolicamente dichiarato la propria indipendenza dalla Spagna e altre iniziative di questo tipo si stanno moltiplicando in tutta la regione. In questo contesto si svolgerà l'11 settembre prossimo la
Diada, la festa nazionale della Catalogna, mai come quest'anno impregnata di significati politici. In questa data, infatti, si ricorda il giorno della caduta di Barcellona per mano del re di Spagna Filippo V nella Guerra di Successione spagnola e, a dispetto delle celebrazioni ufficiali, è da sempre una giornata piena di significati anti-spagnoli.

Quest'anno si attende una manifestazione più numerosa che mai, al punto da mettere in difficoltà lo stesso Governo catalano, guidato dal partito nazionalista di centrodestra Convergencia i Unió che, almeno ufficialmente, rifiuta la rivendicazione indipendentista. La manifestazione vedrà la presenza anche dei partiti di sinistra Iniciativa per Catalunya e Esquerra Republicana. Chi invece mostra un certo imbarazzo è il Partito socialista catalano, balbettante tra una tendenza più autonomista e una più fedele alle direttive di Madrid.

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