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Quell'attacco ignobile a Francesco Caruso

Quell'attacco ignobile a Francesco Caruso
Sul Corsera è stato pubblicato un commento di Aldo Grasso molto duro contro un insegnamento affidato a Francesco Caruso, storico esponente della rete del sud ribelle. Un attacco gravissimo su cui sta circolando anche un appello interno al mondo accademico.

A proposito di questa vicenda Francesco Caruso ha scritto: "Caro Professore Ordinario Aldo Grasso che in prima pagina sul Corriere confonde - più o meno deliberatamente - un contratto semestrale di docenza a 380 euro al mese, con una cattedra universitaria che la mia generazione (quelli senza padri, padrini, padroni o padreterni alle spalle) se la può solo sognare, posso permettermi di rivolgerLe una domanda?

Ma lei che a 33 anni è diventato RICERCATORE A TEMPO INDETERMINATO senza uno straccio di pubblicazione, potrebbe gentilmente evitare di denigrare il mio curriculum, omettendo il 90% dei titoli e delle pubblicazioni, sulla prima pagina del maggiore quotidiano italiano? 
Stanco di questi buoi che danno del cornuto all'asino, senza alcuna ossequiosa riverenza, Le porgo i miei distinti saluti."

Di tutta questa storia della fantomatica "cattedra" che avrebbe vinto Francesco Caruso, la cosa più assurda è che ci sia ancora una parte di stampa e di opinione pubblica che creda che in Italia si possano vincere "cattedre". Tranquilli. Se siamo bravi e fortunati, al massimo, portiamo a casa un assegno o un contrattino di insegnamento con uno stipendio da vergognarsi a dirlo. Altro che "cattedre".
Magari non ve ne siete accorti, ma l'università italiana, con il vostro appoggio alle politiche degli ultimi 15 anni, è in totale smobilitazione, ed un'intera generazione di ricercatori è in via di espulsione. E per "intera" parliamo di cifre che superano il 90%.
Le "cattedre" dite. Non c'è pericolo. Al massimo ce le compriamo all'Ikea, le "cattedre", e non certo con i soldi dell'università.

Riportiamo di seguito la lettera di Pietro Saitta, Università di Messina, pubblicata inizialmente sul sito dell'associazione dell'associazione italiana di sociologia.

Gentile prof. Aldo Grasso,

sono un collega dell’Università di Messina. Le scrivo per dirmi davvero incredulo del suo articolo odierno, dal titolo “La cattedra universitaria del no global”.

Si tratta di un testo che mi lascia basito soprattutto perché scritto in qualche modo da dentro l’Università e, dunque, da un intellettuale che evidentemente non si avvede minimamente della gravità di quanto sta accadendo a Catanzaro.

Fosse pure Francesco Caruso il peggiore ricercatore della storia, non comprendo come si possa tollerare che a decidere della bontà del reclutamento universitario — sia pure a un livello “di soglia” come quello di una docenza a contratto — possa essere un sindacato di polizia. Non comprendo, cioè, come un docente universitario di vecchio corso com’è lei non veda l’enormità della questione, nei suoi termini simbolici, politici e di autonomia istituzionale.

Dal mio punto di vista la vera questione, da lei neanche minimamente sfiorata, è esattamente quella per cui organi esterni all’Università si permettano di stabilire chi è degno o meno di insegnare o avere accesso a un incarico.

Come fa a non avvedersi, in coscienza, che questo è esattamente una manifestazione di autoritarismo, tipico delle democrazie in crisi? Oppure che questo è una vicenda perfettamente in linea con quanto accaduto a Steven Salaita presso l’Università dell’Illinois o a una miriade di colleghi statunitensi finiti dentro la lista dei “più pericolosi accademici americani” (tutti colpevoli, naturalmente, di porre l’Università in relazione con le piùstringenti questioni sociali di quel paese)? Come fa, inoltre, a non vedere che c’è un sottile nesso che unisce la mobilitazione del Coisp e quanto accade in paesi come Israele dove si chiede la chiusura di dipartimenti di scienze sociali colpevoli di produrre ricerche critiche verso il governo di quel Paese?

Alla luce di questa amnesia e della sua sottovalutazione di questioni come la libertà intellettuale, l’autonomia universitaria e la democrazia nel sistema della conoscenza, fa ancora più specie il suo incentrarsi su Francesco Caruso su un piano personale. Come accademico, lei sa benissimo che la posizione per cui ha concorso Francesco Caruso non era quello di direttore del CNR, né era tantomeno in ballo un posizionamento per il Premio Nobel. Sa, cioè, che il profilo di Francesco Caruso è certamente quello della maggiore parte dei professori a contratto di questo Paese.

Sa anche che si trattava di una procedura comparativa. Alla luce di questo, sempre da accademico, sa bene che se la Commissione per l’assegnazione dei contratti dell’Università “Magna Graecia” ha compiuto delle scorrettezze, esistono strumenti atti ad impugnare l’atto. Nessuno di questi strumenti sembra sia stato sinora attivato. Ragione per cui non sembrerebbe che vi siano ragioni di legittimità utili ad attaccare l’Università di Catanzaro per quanto accaduto. Anche questo, detto da accademico ad accademico, mostra la pretestuosità delle sue argomentazioni e il carattere ideologico del suo scritto.

Mi lasci concludere notando che dispiace molto vedere qualcuno che da una posizione di privilegio e di responsabilità pubblica come quello che le deriva dalla sua consolidata posizione dentro il principale quotidiano nazionale, non faccia niente per tutelare la democrazia e e l’autonomia intellettuale e si consegni armi e bagagli a chi attacca l’Università su basi unicamente ideologiche e, in ultima analisi, autoritarie.

Credo sia verosimile che, semmai fossimo chiamati a prestare nuovamente giuramento a un qualsivoglia governo autoritario, lei non sarebbe certamente ricordato tra coloro che si rifiutarono di firmare.

Cordiali saluti,

Pietro Saitta, Università di Messina

Ultima modifica ilMercoledì, 21 Gennaio 2015 10:31
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