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Nuova legge elettorale regionale in Calabria: la democrazia è un pranzo di mala

  • Scritto da  Tito Russo
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Nuova legge elettorale regionale in Calabria: la democrazia è un pranzo di mala

Il 3 giugno scorso il Consiglio Regionale della Calabria ha approvato una nuova legge elettorale, su proposta della maggioranza di centrodestra per mano del consigliere (dal nome assai consono) Gianpaolo Chiappetta. La legge arriva in seguito alla condanna a sei anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici e le conseguenti dimissioni da governatore di Giuseppe Scopelliti, eletto nel 2010, colpevole di aver firmato bilanci falsi del Comune di Reggio Calabria quando era sindaco della città.

Doveva essere una riunione di commiato per avviare l’iter ordinario e fissare le nuove elezioni in autunno, ma gli sherpa della maggioranza, con un vero e proprio blitz, hanno fatto discutere e approvare nuove regole di democrazia rappresentativa per la Regione degne della Beirut anni ’80.

Per non scadere nella retorica, è bene fotografare la realtà territoriale.
La Calabria, secondo i dati diramati del Ministero dell’Interno, ha poco meno di 1 milione e 800mila cittadini aventi diritto al voto. La provincia più popolosa è Cosenza, con 668mila elettori; segue Reggio Calabria con 483mila, Catanzaro con 332mila e in coda Crotone e Vibo Valentia, rispettivamente con 160mila e 148mila elettori.
Il sistema elettorale precedente, come in molte regioni, prevedeva un sistema misto proporzionale con sbarramento al 4% per i partiti in coalizione e al 5% senza apparentamenti. La coalizione che raggiungeva il maggior numero di consensi aveva una quota maggioritaria riservata al cosiddetto “listino del Presidente”, dieci persone scelte direttamente dalla coalizione che, senza ricevere alcuna preferenza, automaticamente entravano in Consiglio Regionale.
Il Consiglio Regionale appena congedatosi comprendeva 50 consiglieri regionali eletti, tra cui soltanto due donne, Clotilde Minasi e Gabriella Albano (entrambe dell’ei fu Pdl).

Le novità sconvolgono le regole del rapporto tra consenso e rappresentatività politica e territoriale, oltreché del buon gusto etico.

1) Composizione Consiglio e Giunta
Come in altre regioni, recependo le direttive del ministro Del Rio, viene prevista la riduzione da 50 consiglieri a 30; si passa da 5 collegi provinciali a 3 accorpando la ripartizione delle province di Crotone e Vibo a Catanzaro. La ripartizione dei seggi è suddivisa in 12 seggi per il collegio di Cosenza, 11 per il collegio di Catanzaro, 7 per il collegio di Reggio Calabria. In tale ripartizione sono inclusi i candidati alla presidenza. Viene nuovamente previsto un listino di candidati, ridotti a 6, collegati al candidato presidente, che automaticamente entreranno in Consiglio. Viene fissato a 2 il tetto di membri esterni nella composizione della Giunta.

2) Sbarramenti
Viene mantenuta la soglia di sbarramento al 4% per i partiti in coalizione, ma è per le compagini che decideranno di mettersi in proprio al di fuori degli schieramenti classici che arriva la stangata: dal 5% la soglia si innalza al 15%.

3) Modalità di (non) voto
Viene abolito il voto disgiunto e cambiano anche le modalità strutturali dell’esercizio del diritto di voto. La votazione per l’elezione del nuovo Consiglio regionale avverrà con una scheda unica, su cui compariranno i simboli delle varie liste affiancate da una riga su cui gli elettori scriveranno il voto di preferenza. I simboli delle liste verranno disposti esclusivamente in base all’ordine di presentazione.

I rilievi politici e costituzionali del “Chiappettum” riguardano non solo l’architrave della rappresentatività e delle forme con cui essa si esprime, ma anche le ricadute nel quadro politico dell’intera regione, da sempre abituata alla cosiddetta alternanza, scandita dai “mister preferenza”, padroni di clientele elevatissime.

Il primo rilievo è la ripartizione dei seggi in numero di 30, troppo basso rispetto alla popolazione: la Calabria avrebbe ad esempio un consigliere in meno dell’Umbria e cinque in meno della Valle D’Aosta, tanto per fare esempi tra i più eclatanti.
Da un rapido calcolo ci sarà un eletto ogni 60.000 abitanti, che in Calabria significa un numero di poco inferiore alla metà di intere province, cioè un eletto ogni 3,3% dell’intero elettorato (poco meno della soglia di sbarramento di un partito in coalizione!).
Inoltre la ripartizione dei seggi in rapporto ai tre collegi penalizza fortemente le province di Vibo Valentia e Crotone, che saranno sottorappresentate perché inserite in collegio con Catanzaro che ha lo stesso numero di elettori dei due territori accorpati: ragionando in termini assoluti, se si valutano gli 11 seggi attribuiti per legge al macro collegio di Catanzaro e si considera che l’astensione nella provincia di Catanzaro pesa in un’unica soluzione, nelle altre due province si sommerà pesando il doppio nella raccolta del consenso dei candidati locali, utile alla loro elezione, trovandosi nell’assurdità di eleggere solamente 2 consiglieri a testa, cioè dei maggiori partiti collegati al Presidente, se non addirittura uno.

Una cosa da non sottovalutare nella rappresentatività territoriale è il fatto che 6 su 30 consiglieri saranno attribuiti con il listino e i due candidati presidente andranno automaticamente in Consiglio, quindi 8 su 30 consiglieri, cioè un terzo del Consiglio Regionale, verranno automaticamente eletti con il maggioritario, riducendo di un terzo la possibilità che l’elettore elegga con la propria preferenza il consigliere. In termini assoluti, 1 eletto con la matita dell’elettore ogni 81.181 elettori potenzialmente muniti di matita (cioè un potenziale 4,5%, superiore alla soglia di sbarramento di un partito in coalizione).
Ma questa rappresentanza “a sottrazione” in salsa calabra si condisce di un ingrediente indigesto che farebbe gridare vendetta alle satrapie babilonesi: nell’intera regione viene innalzato dal 5% al 15% lo sbarramento per le liste non coalizzate, aggiungendo dunque il triplo delle difficoltà a riuscire nell’impresa per qualsivoglia novità politica emergente e per i partiti cosiddetti “minori” o “cespugli”.

Dunque un Consiglio Regionale disboscato da ogni opposizione esterna e interna alle compagini maggiori, nonché ai potenziali governatori, ossia al solo potere che matematicamente potrebbe farcela. Per scongiurare i pericoli provenienti da 5 stelle, da una sinistra in forte crescita e assai vicina al 5% all’ultima tornata delle Europee, per costringere la diaspora a destra dopo le scissioni sul livello nazionale e il naufragio di Peppe Dj, non eletto a Strasburgo.
Se una lista non coalizzata raggiungesse per assurdo il 14,99% verrebbe comunque esclusa dalla rappresentanza, ledendo il diritto a essere rappresentati di poco più di 267mila potenziali elettori. Sarebbe come non tener conto della volontà di metà degli elettori del Collegio di Reggio Calabria e di quella di più di un terzo del Collegio di Cosenza e Catanzaro. Anche rimanendo ai dati di affluenza dell’ultima tornata, la proporzione di esclusione sarebbe la stessa.

Chi conosce il funzionamento deteriore di taluni meccanismi elettorali calabresi sa che la tagliola induce a stuzzicare i comitati elettorali a utilizzare “le liste del presidente” come fiocina per candidati delle liste pronti a candidarsi lo stesso sfidando la soglia alta, come cambuse di accordi individuali pur di spacchettare voti utili al raggiungimento dell’obiettivo finale: eleggere il presidente, determinando la maggioranza e dunque l’elezione quasi sicura di candidati con più mezzi, economici e non solo. 

La nuova legge elettorale regionale della Calabria, infine, presenta forti dubbi di costituzionalità, sia  relativamente al fatto che lo Statuto Regionale non è stato adeguato alla riduzione delle circoscrizioni, sia in merito alla preferenza unica, che mina fortemente l’accesso di genere agli organismi elettivi, previsto peraltro nella legge 215/2012.  

Dunque si istituisce la pratica americana di verticalizzazione dell’offerta politica attorno alla figura del governatore, si restringe qualunque spazio per l’alternativa all’attuale quadro politico, si potenzia il ruolo dei portatori patentati di preferenza e si costringe all’annullamento identitario dell’appartenenza politica e territoriale.

Ma la Calabria non è la California e la Like Democracy diventa velocemente GoodBye Democracy.
Le ’ndrine sentitamente ringraziano.

La Corte Costituzionale batta un colpo, per far sì che i calabresi votino senza senso di colpa.

 

 

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