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I saggi e la Costituzione: chi custodirà il custode?

napolitano nomina i saggiIl Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con un discorso asciutto, ha comunicato gli esiti delle sue consultazioni lampo: non si dimette, è in semestre bianco, il che significa che non può sciogliere le Camere; un governo Bersani non sarebbe in grado di ottenere la maggioranza; c’è ancora un governo in carica, quello di Mario Monti, che non è mai stato sfiduciato; nomina di una commissione composta da personalità di diversa provenienza con il compito di elaborare delle proposte programmatiche.

Politicamente, il discorso del Presidente Napolitano è una sorta di accanimento terapeutico: vuole la grande coalizione, questo è chiaro, e sa bene che sarebbe un prezzo troppo alto per il Partito Democratico lasciare che Bersani si presenti alle Camere. Così, confonde le acque: nessuna fiducia a nessun nuovo governo, formalmente Mario Monti continua a sorridere ai mercati e ad infondere fiducia a Bruxelles, sostanzialmente la commissione dei saggi –  una riproduzione in miniatura dell’agognata grande coalizione condita con salsa tecnocratica – si occuperà di un’agenda politica per l’Italia.

Giorgio Napolitano ci regala un altro cortocircuito democratico; già dopo le dimissioni del Governo Berlusconi, affidando il Paese ai tecnici, si era reso responsabile di una decisione istituzionale di scarsa comprensibilità, adesso, di fatto, assesta un altro duro colpo alla democrazia rappresentativa, comportandosi come se non si fossero svolte le elezioni. Istituzionalmente, la scelta di Napolitano appare poco in linea con i dettami di una democrazia parlamentare, quale continua ad essere la nostra, sino a prova contraria.

La prorogatio del Governo Monti a questo punto diventa l’ultimo dei problemi, considerato che generalmente la prassi costituzionale ammette che il governo dimissionario resti in carica per il disbrigo degli affari correnti; questa decisione potrebbe avere una sua logica considerata la tripolarizzazione politica, di certo però non coglie il portato del risultato elettorale. Se di tecnici doveva trattarsi, non sarebbe stato più opportuno indicare un personaggio che in qualche modo veicolasse istanze di cambiamento e di rinnovamento? Ma a quanto pare, la fiducia dei mercati conta più di quella del popolo sovrano.

Il vero problema è il consiglio dei “saggi”: sorge spontaneo chiedersi cosa  questo rappresenti da un punto di vista istituzionale: infatti, se un governo c’è già, questa commissione quale funzione svolge, che rapporto intesse con il Parlamento e di che tipo di mandato è investita? Resterà in carica per i prossimi quindici giorni e cesserà con la fine del mandato di Napolitano? In forza di quale legittimazione consegnerà al prossimo presidente della repubblica un’agenda di governo?

Domande molto difficili a cui dare risposta, da un punto di vista politico e da un punto di vista istituzionale; è difficile però non riconoscere che la Costituzione è stata ancora una volta messa da parte, considerato che essa disegna una democrazia parlamentare e che consente al Presidente della Repubblica soltanto di nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri, non assegnando, quindi, al Capo dello Stato alcuna facoltà di scelta dei componenti di un governo. Si apre un dibattito importante per i costituzionalisti, che investe le modiche di fatto apportate alla nostra forma di governo, sempre più simile ad una repubblica presidenziale, in nome di una ingovernabilità che ha consacrato uno stato di eccezione sempre più preoccupante. 

Non sarebbe stato più lineare che Napolitano presentasse le proprie dimissioni, consentendo l’elezione di un nuovo capo dello stato, per la quale certamente la maggioranza richiesta, relativa dopo il terzo scrutinio, poteva essere raggiunta, consentendo il successivo scioglimento delle camere e una nuova tornata elettorale?  Sorge il dubbio che il timore di un’ulteriore crescita del risultato del Movimento 5 Stelle e delle faide all’interno del Pd abbia portato Napolitano a rinviare il più possibile nuove elezioni; ancora una volta, però, il Presidente indirizza il confronto politico, eccedendo i poteri che l’art. 87 della Costituzione gli conferisce.

Parlare di impeachment potrebbe essere eccessivo, certo è che in nome di un agire responsabile il cui senso profondo inizia a sfuggire, interventi di questo tipo minano seriamente l’assetto costituzionale e rappresentano una flessibilità delle istituzioni certamente non ammessa nel nostro ordinamento, incrementano una instabilità di fondo e rappresentano dei precedenti davvero pericolosi. 

A questo punto è legittimo domandarsi: chi custodirà il custode?

Ultima modifica ilLunedì, 21 Ottobre 2013 15:42
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