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La politica "postumana" di Casaleggio

  • Scritto da  Giorgio Tintino
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In un passaggio de "Il Grillo canta sempre al tramonto", dialogo tra Dario Fo, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio pubblicato alla vigilia delle ultime elezioni, il guru del Movimento 5 Stelle afferma: "Dietro la parola leader non c'è nulla. Prendiamo Occupy Wall Street: a New York si è svolta una manifestazione spontanea contro gli istituti di credito in cui i manifestanti si sono autodefiniti "Occupy Wall Street" (...). Un fenomeno che poi è dilagato: "Occupy Madrid", "Occupy Toronto"... Quell'espressione è diventata uno slogan, ma nelle varie manifestazioni non è mai emerso un leader, l'importante era il movimento. David Graeber, antropologo e attivista anarchico, lo ha definito leaderless, "senza leader" (...). Rientra nel concetto stesso di comunità. Basti pensare alla comunità degli Amish. (...) La parola leaderless è una parola nuova. La rete favorisce questo cambiamento lessicale. Beppe e io ci esercitiamo ogni giorno sul blog, scriviamo insieme i testi".

Il riferimento alla popolazione amish contenuto nelle affermazioni riportate sopra, così come quello alla mutazione indotta dalla tecnologia sia nell'apprendimento sia nel sesso e nella salute, sono passaggi, apparentemente stravaganti e non significativi, che nascondono, invece, una ben precisa cornice teorica di riferimento alla quale sembra appartenere il complesso ideologico del futurologo – perché di questo si tratta – Casaleggio. Una appartenenza che può essere meglio mostrata se ci si riferisce al nuovo "spazio antropologico" inaugurato dalla riflessione postumana ed esemplarmente contenuta nel testo di K. Kelly. È rintracciabile proprio in questo testo, infatti, l'analisi del rapporto tra gli amish e la tecnologia preso come paradigma per quanto riguarda la questione della innovazione (per chi volesse approfondire l'argomento è disponibile una conferenza sottotitolata in italiano dell'Autore al TED del 2009, in cui le affinità con il pensiero tecno-ottimista di Casaleggio sono palpabili).

Ora, se è vero che la riflessione politica che anima l'attività di Casaleggio vuole costitutivamente porsi in una dimensione post-ideologica, è altrettanto vero che ogni interpretazione della realtà, in un modo o nell'altro, attinge ad un complesso di idee, di valori e di pratiche che in maniera più o meno esplicita informano quelle stesse interpretazioni. Quanto detto fin ora, in conclusione, deve far ritenere che sia proprio questa "ideologia" a nutrire il pensiero del futurologo Casaleggio, tanto che la sua proposta politica può benissimo ergersi quale primo tentativo concreto di una politica effettivamente postumana.

Secondo il mio punto di vista, ciò comporta scorgere nel progresso tecno-scientifico l'effettivo volano di benessere e progresso che l'uomo dovrà accettare ed accogliere. L'apprendimento dei ragazzi, il benessere e la cura della persona, così come la nostra vita sociale o sessuale, starebbe così subendo un inevitabile mutamento, una vera e propria trasformazione che renderà molto più semplice, immediata e fruibile la concreta esistenza del cittadino: ciò, di riflesso, provocherà anche la salvaguardia sempre più consapevole dell'ambiente e del non-umano. Dietro al concetto di democrazia digitale, così come dietro al concetto di gestione partecipata e diretta delle scelte politiche grazie alla Rete, si nasconde, quindi, la "fede" in una tecnica in grado di promuovere, da sé, un generale miglioramento delle condizioni di vita del cittadino.

Insomma, alla base del messaggio politico di Casaleggio si agita questa ben precisa ideologia, la quale guarda allo sviluppo tecnologico come ad un vettore inevitabile ed automatico di sviluppo che dobbiamo saper addomesticare affinché produca una mutazione positiva del nostro essere uomini. Per fare ciò, come noto, il M5S predica la "morte" della vecchia politica, una morte che a ben guardare ne rappresenterebbe, in realtà, una vitale ed autentica rigenerazione. In questo passaggio è impossibile non notare le stesse modalità con cui la filosofa D. Haraway predica la morte dell'Umanismo in favore della rigenerazione postumana dell'umano possibile mediante la tecnologia.

Una rigenerazione offerta proprio dal Casaleggio-pensiero e dalle pratiche immesse e sostenute dal Movimento che ha contribuito a fondare: non è un caso, infatti, che lo stesso rapporto di Grillo con la tecnologia cambi sensibilmente a partire dalla sua collaborazione con la Casaleggio Associati. Come si ricorderà, infatti, nei vecchi spettacoli del comico genovese la tecnologia veniva pesantemente criticata, fino a giungere alla distruzione di un computer sul palco alla fine dello spettacolo del 2000. L'incontro con il pensiero tecnofilo di Casaleggio, probabilmente, deve aver trasformato l'approccio del comico genovese alla tecnologia tanto da diventarne voce pubblica ed aggregatore di consensi.

Ora, è proprio a questo livello teorico, prima ancora che politico, che questa riflessione si concentra. La tecnologia applicata alla politica – riflesso di quella utilizzata, in generale, nella vita – non porterà, di necessità, ad una risoluzione dei conflitti e delle problematiche della nostra contemporaneità, ma semplicemente avrà l'effetto di amplificare la portata di ciò che è già presente, nel bene o nel male, nel nostro sistema comunicativo, economico e sociale. L'incapacità del singolo e della politica di riconoscere il bene comune quale oggetto della propria azione, infatti, non verrà "curata" dalla tecnologia ma, semmai, ne uscirà fortificata.

Il mutamento degli strumenti con cui l'umano opera nel mondo non implica di necessità la cura della natura alienata del senso di comunità (una alienazione egregiamente colta, comunque, nel pensiero di Casaleggio-Grillo). Prima ancora dello strumento, è il progetto del singolo che deve vocarsi al bene comune; purtroppo, non c'è alcuno strumento che sappia generare nell'uomo automaticamente tale vocazione. Di conseguenza, l'approccio postumano alla politica ed alla vita potrebbe dar linfa ad un pericoloso ottimismo che sfocerebbe nella perdita di responsabilità – politica, sociale, etica e morale – da parte del singolo. Infatti, se si assume che basti la Rete – nella doppia accezione di massa di utenti e di strutture tecniche – ad assicurare l'inevitabile giustezza delle azioni e la necessaria correttezza del metodo utilizzato nel deciderle, si avrà il risultato paradossale di affidare ad essa la propria responsabilità, perdendo nel contempo quella partecipazione attiva e quella consapevolezza che, invece, si voleva costruire e promuovere.

Ovviamente, è più che legittimo credere nel progresso salvifico che l'introduzione della tecnologia opererà nel cammino nell'umano, ma questo fatto non può essere assunto quale dogma della propria azione politica senza sottoporlo ad una adeguata analisi. Prima ancora dei contenuti politici offerti dal movimento inaugurato da Casaleggio, la nostra riflessione vuole interrogarsi sulla effettività della Rete come strumento "automatico" di consapevolezza e partecipazione, come deus ex machina capace di risolvere i conflitti della nostra società. La questione arriva dunque prima della politica, cioè interessa il fondamento su cui quella politica cresce e si nutre: è a questo livello, allora, che dovrebbe concentrarsi la riflessione intorno all'ideologia postumana alla base del pensiero di Casaleggio, una riflessione che deve interrogarsi sulla accettabilità di quella posizione.

Pubblicato originariamente su www.vialiberamc.it.

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