La “coalizione sociale internazionale” del pontefice argentino
Quanti carri armati ha il Papa?
- Scritto da Ettore Bucci
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«Este sistema ya no se aguanta. Tenemos que cambiarlo, tenemos que volver a llevar la dignidad humana al centro y que sobre ese pilar se construyan las estructuras sociales alternativas que necesitamos. [El] Encuentro de Movimientos Populares es un signo, es un gran signo: vinieron a poner [...] una realidad muchas veces silenciada ¡los pobres no solo padecen la injusticia sino que también luchan contra ella!»
Non è la Quarta Internazionale: quando si cita il Pontefice regnante, è sempre bene specificarlo. Era il 28 ottobre 2014 quando il Papa riceveva nell'aula vecchia del Sinodo, nella Città del Vaticano, poco più di un centinaio di rappresentanti dei movimenti popolari dell'America Latina. I movimientos populares erano stati chiamati a raccolta dal Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, organismo istituito dopo il Concilio Vaticano II in applicazione della costituzione pastorale Gaudium et Spes dedicata alla Chiesa nel mondo contemporaneo. Attraverso il decreto emanato da papa Paolo VI, infatti, i Padri conciliari avevano discusso circa la partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali e avevano individuato uno strumento d'intervento della Santa Sede in un organismo con la finalità di «fomentare dovunque la giustizia e l'amore di Cristo verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la comunità cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni» (Gaudium et Spes, 90).
L'attuale Consiglio, presieduto da cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson, ha fatto proprio l'invito dell'esortazione Evangelii Gaudium del novembre 2013 sulla “Chiesa in uscita”, “in trasformazione missionaria”, capace di vivere il “rinnovamento ecclesiale” a partire non solo dalle sue strutture di base (parrocchie e diocesi) ma anche dai suoi movimenti e dalla capacità di inventiva: «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. “Primerear – prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore, e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa!» (Evangelii Gaudium, n. 24).
Era stata proprio l'esortazione apostolica del 2013 a segnare un originale contributo del papa argentino al magistero della Chiesa, in cui si indicavano come “sfide” della modernità la lotta contro “un'economia dell'esclusione”, “una nuova idolatria del denaro”, “un denaro che governa invece che servire”, “l'inequità che genera violenza”, “le culture urbane”. Evangelii Gaudium aveva segnato una critica radicale alle politiche economiche egemoni, nel segno della piena continuità con la dottrina sociale della Chiesa ma con un suo avanzamento sul piano dell'impegno pubblico e degli strumenti pastorali. Emblematico un passaggio come questo: «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi». (Evangelii Gaudium, n. 204)
Sono queste parole e gli atti messi in campo dalla Santa Sede a farci comprendere come quella di papa Francesco sia una strategia complessiva e strutturale, in cui si ribadisce in ogni momento la continuità con il magistero e la discontinuità negli strumenti pastorali. Non una meteora, dunque. Una Chiesa che si fa soggetto autonomo ed egemonico verso l'opinione pubblica, i governi, le forze sociali e politiche, con una propria narrazione e, al netto delle sue contraddizioni, l'impegno di una struttura mondiale. È in questa visione globale che s'inserisce il primo encuentro mondiale dei movimenti popolari, indetto per l'ottobre 2014 in Vaticano. È in questa cornice che Francesco trova un alleato nel presidente della Bolivia Evo Morales, che il 22 settembre 2014 aveva aperto a New York la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui popoli indigeni. La conferenza, istituita
dall'Assemblea Generale ONU del dicembre 2010 nel quadro della Dichiarazione sui popoli indigeni del 2007 (risoluzione 61/295, 13 settembre 2007), ha approvato una bozza di istruttoria per l'Assemblea Generale del 2014 circa l'applicazione del diritto all'autodeterminazione, alla nazionalità, all'autonomia e all'autogoverno delle comunità indigene.
L'incontro con i movimenti si focalizza sulle “tre T” tierra, techo, trabajo (terra, casa, lavoro) e vede sessioni di lavoro congiunte fra vescovi, studiosi della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali, esponenti delle lotte contro le diseguaglianze. La dichiarazione finale dell'incontro, sottoscritta dalla Santa Sede, è molto più netta nell'analisi delle disuguaglianza rispetto al documento dell'ONU: «I partecipanti ed i relatori si sono trovati d’accordo sul fatto che, la radice dei mali sociali ed ambientali va ricercata nella natura ingiusta e predatoria del sistema capitalista che mette il lucro al di sopra dell’essere umano. L'enorme potere delle imprese transnazionali che cercano di divorare e privatizzare tutto, merci servizi ed idee, rappresenta il primo violino di questa sinfonia della distruzione. Ed ancora peggio è il mondo della finanza, che, invece di servire il bene comune e la produzione di beni per tutti, si dedica alla speculazione sulla base di titoli derivati che sono solo entità virtuali».
È il documento conclusivo dell'incontro del 2014 a suggerire gli strumenti per una più efficace lotta alle disuguaglianze. L'impegno contro la deforestazione si lega all'accaparramento dei fondi e del cibo: biodiversità e riforma agraria sono fondamentali per garantire casa e lavoro. «Una casa para cada familia»: così Francesco riassume la concezione cristiana della famiglia con la lotta degli emarginati per un alloggio dignitoso nelle città in cui è diffusa la speculazione, che rende i poveri “eccedenze” del sistema.
Le lotte per le disuguaglianze sono lette dal Papa in una chiave duplice. Da un lato c'è la necessità, per la Chiesa, di capire le ragioni del dissenso, spesso portate avanti da organizzazioni più fluide rispetto alle tradizionali rappresentanze sociali del movimento operaio, come la Federaciòn de Cartoneros y Recicladores. Sono movimenti che nascono da pratiche come il riciclaggio solidale dei rifiuti per affermare una visione della società alternativa alla “cultura dello scarto”. Ci sono esperienze di autogestione e riuso di siti produttivi dismessi, come il Movimiento Nacional de Empresas Recuperadas de Argentina, oppure la Federaciòn Argentina dei Cartoneros, che unisce le vertenze sindacali in favore dei lavoratori del settore dei rifiuti con la lotta contro «el negocio corrupto y anti cartonero del reciclado en manos privadas», praticando l'alternativa di una co- gestione del sistema di raccolta dei rifiuti che unisca Stato e cooperative. Il tema delle emprensas (o fabricas) recuperadas interroga direttamente la sinistra, poiché si rifà alle gestioni tramite consigli operai del Biennio Rosso e all'autogestion, bandiera di molti movimenti sociali del Maggio francese. Il movimento si è diffuso in Argentina a seguito della crisi economica e finanziaria del dicembre 2001, arrivando ad includere quasi 15 mila lavoratori nel 2005, mentre in Uruguay e Paraguay ha assunto le sembianze delle cooperative operaie: l'inclusione sociale prodotta dalla salvaguardia della fonte di lavoro si unisce a forme creative di gestione in cui si accentua il dibattito collettivo sul quid della produzione.
La composizione dell'assise dell'encuentro internacional pare una sfida su scala planetaria lanciata con uno strumento non dissimile dalla cosiddetta “coalizione sociale”: messa a comune di vertenze per la costruzione di uno spazio comune di riflessione con cui praticare e articolare parole d'ordine condivise. In questo caso, il triplice grido del Papa: tierra, techo, trabajo.
Il viaggio apostolico in Sud America appena concluso è stato centrale poiché ha riunito i movimenti popolari in un II encuentro internacional tenutosi a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Il numero dei delegati è salito sino a 1500 ed ha visto la collaborazione dell'episcopato latino-americano oltre che del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax. La cornice ideale dell'encuentro è stata segnata dalla pubblicazione dell'enciclica Laudato Si, in cui la dottrina sociale della Chiesa ha trovato un forte strumento di originalità con “la cura della casa comune”. Come scritto su Il Manifesto del 17 giugno da Alessandro Santagata, storico dell'Università di Roma Tre, «in una prospettiva laica e politica, tutt’altro che estranea all’enciclica, il progetto dell’ecologia “integrale” avanzato da Francesco interroga la società del tempo presente e ne illumina alcune contraddizioni. In primo luogo, il papa prende atto che il principio evangelico della «destinazione universale dei beni», sviluppato da Tommaso e poi cardine della dottrina sociale da Leone XIII in avanti, è stato assunto anche dal pensiero laico più attento alla crisi ecologica globale. Le nuove generazioni, in particolare, si mostrano coinvolte dal problema della sostenibilità, come dimostra la proliferazione di movimenti (quello per l’acqua, per esempio) ai quali la Chiesa guarda con favore». La “coalizione sociale” del Papa può dunque contare sull'interlocuzione con nuovi soggetti e sull'impegno coordinato dell'intera curia romana.
Tuttavia, c'è una parte di opinione pubblica di credenti che trovano disturbo nelle parole di Bergoglio: Christine Pedotti ha titolato la sua recensione dell'enciclica per il periodico francese Témoignage chrétien «Dieu merci, ce Pape est dangereux!» (23 giugno 2015). L'intellettuale d'Oltralpe, fondatrice del movimento Conférence catholique des baptisé-e-s francophones espressione dei cosiddetti catholiques réformateurs, ha infatti scritto: «L'opposizione virulenta a questa enciclica – un giornalista dell'emittente americana Fox non ha forse accusato Francesco di essere l'uomo più pericoloso del mondo? - mette in chiaro la vera frattura. Per alcuni, la religione è un fattore di mantenimento dell'ordine, e quest'ordine è fondamentalmente e “naturalmente” non egualitario e benedetto dalla Provvidenza. Quando papa Francesco osa affermare che i beni della Terra devono essere preservati affinché tutti possano disporne in maniera equa, quelli del Nord come quelli del Sud, ma anche quelli di oggi come quelli di domani, e che la responsabilità di “dominare e sottomettere la terra” non significa diritto di saccheggio dei forti sui deboli, disturba».
Alla base del “disturbo” arrecato da Francesco c'è la radicale critica sia alla “globalizzazione del paradigma tecnocratico”, accusato di tenere sotto scacco la politica come l'economia, sia all'antropocentrismo relativista: sono questi, per il Papa, i fondamenti della declinazione ambientale della cultura dello scarto. Da considerare come il secondo elemento segni la marcata prossimità al magistero di Benedetto XVI, che già da cardinale aveva individuato la “dittatura del relativismo” come un punto specifico dell'impegno contemporaneo della Chiesa.
Papa Francesco riprende il tema della democrazia: nell'anno del COP21, la Conférence de Paris che si terrà fra novembre e dicembre 2015 nella capitale francese e riunirà i Paesi membri della convenzione ONU sui cambiamenti climatici (9 maggio 1992), la centralità conferita dal Papa alla partecipazione e alla trasparenza è inedita. Un passaggio dell'enciclica pare quasi ricordare i cardini del débat public, il modello francese per la progettazione partecipata delle grandi e medie infrastrutture, concepito da Lionel Jospin sulla base di alcuni spunti del 1983: «È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l’idea di “interventi” sull’ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante. C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione. [..] La cultura consumistica, che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione. In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande, per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà? In questo esame ci sono questioni che devono avere la priorità. Per esempio, sappiamo che l’acqua è una risorsa scarsa e indispensabile, inoltre è un diritto fondamentale che condiziona l’esercizio di altri diritti umani. Questo è indubitabile e supera ogni analisi di impatto ambientale di una regione». (Laudato Sì, nn. 183 – 185)
Il contesto di relazioni e riflessioni rende il viaggio in Sud America di Francesco un passaggio molto più importante della vicenda del Crocifisso sulla falce e martello regalato da Evo Morales a Bergoglio. Senza dubbio, rende l'analisi del magistero fonte più di “disturbo” che di pauperismo pop, come spesso, invece, traspare dai media (italiani).
È con questa radice che Francesco può proporre un'inedita “coalizione sociale internazionale” degli emarginati e dei movimenti, capace di praticare un radicale mutualismo, che unisce la sensibilità cattolica verso principio sussidiario alla concezione di un modello diverso di sviluppo: «Questo attaccamento al quartiere, alla terra, al territorio, all’occupazione, al sindacato, questo riconoscersi nel volto dell’altro, questa vicinanza del giorno per giorno, con le sue miserie e i suoi eroismi quotidiani, è ciò che permette di esercitare il mandato dell’amore non partendo da idee o concetti, bensì partendo dal genuino incontro tra persone, perché non si amano né i concetti né le idee; si amano le persone. Il darsi, l’autentico darsi viene dall’amare uomini e donne, bambini e anziani e le comunità... volti e nomi che riempiono il cuore. Da quei semi di speranza piantati
pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta, da quei germogli di tenerezza che lottano per sopravvivere nel buio dell’esclusione, cresceranno alberi grandi, sorgeranno boschi fitti di speranza per ossigenare questo mondo». Con tre linee guida il Papa ha chiuso il II encuentro internacional: economia al servizio dei bisogni e dell'amministrazione della “casa comune”, contro ogni forma di accumulazione o feticismo del denaro; autodeterminazione dei popoli nel segno della sovranità democratica e del rifiuto d'ogni forma antica o nuova di colonialismo (da qui la richiesta di perdono del Papa per le colpe della Chiesa Cattolica su questo versante); l'imperativo etico e politico della difesa della “casa comune”, il comune Creato.
«Nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità che dà il lavoro. Cari fratelli e sorelle: continuate con la vostra lotta, fate bene a tutti noi». Al lavoro e alla lotta, Santità.
Documento finale EMMP IDocumento finale EMMP I
Discorso di papa Francesco all'EMMP I
Discorso di papa Francesco all'EMMP II
Alessandro Santagata sull'enciclica Laudato Sì