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Non solo Stefano Cucchi: a 10 anni dalla morte in carcere, la madre di Marcello Lonzi lotta per la verità

  • Scritto da  Gabriele Mastroleo
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Marcello LonziNon solo Stefano Cucchi. In carcere si muore, da sempre, e tante volte in circostanze misteriose. Un’infografica realizzata da Jacopo Ottaviani ed apparsa sul sito del Fatto Quotidiano mette in evidenza uno spaccato inquietante. Anche il nostro portale si è occupato di recente della questione, dopo la morte di un detenuto nordafricano in un carcere sardo e i quattro decessi in poche ore di questa settimana. La stragrande maggioranza di questi episodi viene derubricata statisticamente come ‘decesso per arresto cardiaco’; ed è quello che è accaduto ormai dieci anni fa anche a Marcello Lonzi, arrestato per tentato furto e condannato a nove mesi di reclusione.

Marcello Lonzi è morto l’11 luglio 2003 nel carcere Le Sughere a Livorno, quattro mesi dopo il suo arresto. Racconta la madre, Maria Ciuffi, in un’intervista di qualche tempo fa: “Nessuno mi avverte, non vengo avvertita né dai Carabinieri né dalla Polizia, ma soltanto da una zia il giorno 12 alle 13:20, quando mi vengono a avvertire a casa, dicendo che mio figlio è morto”. Maria Ciuffi ha però visto il cadavere di suo figlio (qui una foto delle condizioni in cui versava il cadavere del giovane) e da allora si chiede: “Si può morire d’infarto con la mandibola fratturata, due buchi in testa, il polso sinistro rotto, due denti spaccati, un’escoriazione a V, otto costole rotte?”.

Per questo motivo, la donna, che non ha mai smesso di cercare la verità e che invece si è vista negare più volte ogni tentativo di risalire alle cause che hanno portato a quella macabra morte, nelle scorse ore ha presentato l’ennesimo esposto, querelando ai carabinieri di Pisa, città nella quale risiede, due medici della casa circondariale e il medico legale che eseguì l'autopsia, perché, a suo dire, non avrebbero “svolto bene il loro dovere”.  Alla querela Maria Ciuffi ha allegato ampi stralci della relazione medico-legale eseguita dal consulente nominato dalla procura livornese, quando fu riesumata la salma del giovane detenuto per effettuare una nuova autopsia, nella quale si evidenziavano “condotte non idonee” . In quella perizia si evidenziavano numerose fratture all’altezza dell’addome, oltre che “l'infossamento corticale dell'osso di ben due millimetri in corrispondenza di una ferita lacero-contusa all'arcata sopracciliare di Lonzi non compatibile con una morte naturale”.

Già nell’ottobre 2003, l’onorevole Giuliano Pisapia, oggi sindaco di Milano, aveva presentato un’interrogazione al Ministro della Giustizia Castelli chiedendo “se non intenda adottare le opportune iniziative, affinché sia istituita una commissione ministeriale per chiarire le eventuali responsabilità amministrative connesse con la morte del detenuto” e un mese dopo Maria Ciuffi si era rivolta anche al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, sostenendo la propria paura “che prevalga la volontà di nascondere la verità”. Da quei giorni sono passati quasi dieci anni, in cui la madre di Marcello Lonzi ha cercato in tutti i modi di scoprire perché suo figlio fosse ridotto in quelle condizioni, al momento del ritrovamento del cadavere, nonostante tutti, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, con una sentenza del maggio 2012, continuino ad annoverare quello del ragazzo come ‘decesso per arresto cardiaco’.

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