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Milano, 21 e 31 gennaio 1970: gli studenti salvarono la democrazia?

Milano, 21 e 31 gennaio 1970: gli studenti salvarono la democrazia?

12 Dicembre 1969: dentro la Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana scoppia una bomba. Sedici morti e ottanta feriti. È una strage, a due settimane dalla prima manifestazione nazionale dei metalmeccanici a Roma. L'Italia è sconvolta. Tutta la Milano democratica partecipa ai funerali delle vittime dell'attentato. Nonostante la strage sia di matrice neofascista con la complicità di apparati deviati dello Stato, la pista seguita è quella anarchica, con retate e arresti: Pietro Valpreda, ballerino anarchico, viene subito arrestato e rimarrà innocente in galera per tre anni, mentre Giuseppe Pinelli entra vivo e esce morto dalla questura di Milano. La strage di Piazza Fontana è considerata l'inizio della strategia della tensione contro le lotte studentesche e operaie e la controinformazione del movimento la chiamò “Strage di stato”.

A seguito della strage, a Milano, città operaia e studentesca, il questore Marcello Guida (un ex-fascista, direttore del confino di Ventotene) vieta le manifestazioni a tempo indeterminato. Il Movimento Studentesco della Statale decide che la manifestazione contro la repressione (oltre alle retate e agli arresti per la strage, sono infatti migliaia le denunce di lavoratori che avevano scioperato nell'autunno 1969 e molti gli arresti poco motivati: Guido Crainz, Il paese mancato. Dal boom economico agli anni Ottanta, Carocci 2003, p. 374-5) andrà fatta in ogni caso, per non far passare una sospensione di fatto dei diritti costituzionali (Mario Capanna, Formidabili quegli anni, Rizzoli, 1988, p. 88) e convoca dunque un corteo per il 21 Gennaio 1970. Il fronte di adesioni è larghissimo: partecipano infatti movimenti giovanili di molti partiti (PCI, PSI, PSIUP, PRI, DC), le associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), sindacati, gruppi extraparlamentari, delegazioni operaie lombarde e il “Comitato dei giornalisti per la libertà di stampa e contro la repressione” fondato a Milano poco più di una settimana prima da molti giornalisti tra cui Eugenio Scalfari e Giorgio Bocca (Guido Crainz, op. cit., p. 375) presenti quel giorno. A titolo personale ci sono avvocati, docenti (tra cui Mario dal Pra, Ludovico Geymonat e Enzo Paci), insegnanti e dirigenti del PCI e del PSI (M. Capanna, op. cit., pp. 90-1;).

Nonostante l'ampia partecipazione, il vicequestore di Milano Luigi Vittoria non permette lo svolgimento della manifestazione. Non appena il corteo comincia a muoversi, ordina una carica violentissima contro il corteo. In risposta i Katanga, servizio d'ordine del Movimento Studentesco, lanciano sampietrini contro le forze dell'ordine. Gli scontri si moltiplicheranno tutto intorno alla Statale e dureranno alcune ore (M. Capanna, op. cit., p. 92), concludendosi con la ritirata della polizia. La presenza del servizio d'ordine rende possibile al corteo di riformarsi e di poter percorrere liberamente le strade di Milano, arrivando alla sua meta, il Palazzo di Giustizia, dove altre cariche alla fine disperdono il corteo (Alfonso Gianni e altri, Arrendersimai@mov, Cuec Cagliari 2012, p. 59).

Il bilancio è pesante: decine di feriti tra forze dell'ordine e manifestanti e 23 fermati (M. Capanna, op. cit. p. 93). I giornalisti che aprivano il corteo sono stati infatti duramente pestati, anche con il calcio del moschetto (M. Capanna, op. cit. p. 92), e un fotografo dell'Unità è stato colpito in volto da un lacrimogeno. Lo sdegno è grande e le prese di posizione contro la violenza della polizia sono molte, tra cui i sindacati confederali, le ACLI, la federazione del PCI di Milano, le giovanili di partito con un documento unitario e i giornalisti di Rai-Tv Milano (M. Capanna, op. cit. p. 93). A seguito di queste prese di posizione, la questura si trova isolata e rilascia i manifestanti arrestasti (M. Capanna, op. cit. p. 93).

Il Movimento Studentesco decide dunque di rilanciare con un altro corteo contro la repressione il 31 Gennaio. Alle adesioni precedenti si aggiungerà sia quella del movimento giovanile del PLI (che sarà per questo cacciato dal partito) sia quelle del PCI e del PSI. Come singoli, oltre a quelli del 21, aderiranno partigiani, uomini politici, lavoratori di ogni settore (Alfonso Gianni, op. cit., p. 60 e M. Capanna, op. cit., p. 94). La manifestazione, questa volta autorizzata, si svolge senza scontri con la polizia (M. Capanna, op. cit., p. 94), nonostante le provocazioni di alcuni fascisti a Piazza San Babila.

Grazie alla creazione dell'unità con la Milano popolare e democratica, gli studenti riescono dunque a ottenere la revoca del divieto di manifestare e le dimissioni del questore Guida (Mario Capanna, op. cit., p. 93).

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