"La prostituzione è la nemica della liberazione sessuale". Intervista a Kajsa Ekis Ekman
- Scritto da Glòria Casas Vila - Traduzione di Nicola Tanno
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Kajsa Ekis Ekman è una giornalista svedese autrice di Being and Being Bought, un testo in cui elabora una teoria contro la prostituzione. Pubblichiamo la traduzione di un'intervista da lei rilasciata al numero 374 del settimanale catalano Directa, che ringraziamo assieme all'autrice, Glòria Casas Vila, per la disponibilità. Vi proponiamo questa controversa intervista, che ha suscitato non poche polemiche con la sua pubblicazione su Directa e che ha dato vita a un dibattito intenso anche all'interno della nostra redazione, come stimolo a un dibattito troppo poco sviluppato nel nostro Paese e contro ogni tabù.
La prostituzione è uno dei temi che genera maggior dibattito nel movimento femminista, diviso sostanzialmente in due opposte fazioni: la "regolamentarista" o pro-lavoro sessuale, che difende la normalizzazione della prostituzione nella nostra società, e l'"abolizionista", che ne sostiene l’incompatibilità con l'uguaglianza tra uomo e donna. Kajsa Ekis Ekman aderisce al secondo approccio, sulla base di un’impostazione femminista e marxista. La giornalista, scrittrice e attivista svedese ha scritto due libri: "Being and Being Bought. Prostitution, Surrogacy and the Split Self", e "Stolen Springs", sull'impatto della crisi in Grecia.
Kajsa ha partecipato alla creazione di diversi collettivi femministi come Feminists Againsts Surrogacy. Nel mese di giugno è stata a Barcellona, invitata dalla Piattaforma Catalana per il Diritto a Non Essere Prostituta.
Perché hai scritto un libro su prostituzione e uteri in affitto?
Il mio interesse per questi temi è cominciato a Barcellona, dove ho vissuto per due anni convivendo con una donna russa che si prostituiva per strada. La sua vita era molto lontana dall'immagine della donna prostituta come "donna forte" tanto diffusa oggi, la donna che sa ciò che vuole, che guadagna molto e che lo fa per uscire dalla povertà. Non solo non usciva da quello stato, ma cadeva sempre più nell'alcolismo. Anni dopo tornai a Barcellona e scoprii che era morta a causa dell'alcol, a neanche trent'anni. Erano gli anni in cui si stava diffondendo quel discorso per cui la prostituzione è libertà e femminismo. Visto che almeno nel caso della mia amica sapevo che tutto ciò non era vero, mi misi a studiare tutto ciò che si era scritto sull'argomento finché ho deciso di scriverci un libro.
E dunque per te che cos'è la prostituzione?
È molto semplice. È sesso tra due persone delle quali una vuole farlo e l'altra no. E, siccome il desiderio è assente, esso è sostituito da un pagamento. Questa differenza è alla base di tutto il fenomeno, dal sesso "d'alto bordo" al traffico di persone. Il denaro è ciò che consente di accettare la richiesta del cliente, e senza il quale la relazione non ci sarebbe. Sono del tutto inutili i discorsi finalizzati a nascondere la realtà: senza pagamento non vi sarebbe relazione. È per questo che la prostituzione è la nemica della liberazione sessuale, del desiderio reciproco, del piacere condiviso.
Come mai hai scritto anche sugli uteri in affitto?
Per difendere la pratica della surrogazione di maternità si utilizzano gli stessi argomenti che vengono usati per giustificare la prostituzione: una donna può fare quello che vuole con il proprio corpo, è una sua decisione, ci guadagna e in questo modo può uscire dalla povertà. Ne consegue che tutti avrebbero il diritto ad avere figli e a fare sesso anche se non vi è alcuna convenzione dell'ONU che lo affermi. La mia opinione è che qui abbiamo a che fare con due industrie, e che entrambe vendono il corpo delle donne come se fossero dei prodotti. Nel caso della prostituzione tale prodotto è il sesso, nell'altro, al contrario, figli senza sesso. Ritroviamo così la vecchia dicotomia tra la "puttana" e la "verginella", trasformate in tal modo in due prodotti, entrambi sul mercato. Io dico che tutto questo è totalmente inconcepibile con l'uguaglianza di genere e con la liberazione della donna.
Nel tuo libro parli di una campagna lanciata a Barcellona con lo slogan Anch’io sono puttana (Jo també sòc puta). Come spieghi che una parte del movimento rivendichi questa parola?
La maggior parte delle persone che la rivendicano non sono prostitute e pertanto usano una parola che non ha nulla a che fare con loro. Tu, come bianca o eterosessuale, non puoi rivendicare parole come "negro" o "ricchione". Non ti appartengono. Credo che questo uso politico della parola "puttana" mostri un certo feticismo; esso è usato per dimostrare empatia ma in realtà è una dimostrazione di distanza dal mondo della prostituzione. La parola "puttana" non è una creazione femminile ma maschile, è il patriarcato che definisce la donna in relazione alla propria sessualità.
Perché credi che esistano ampi settori della sinistra e del femminismo che difendono la prostituzione?
Il discorso a favore del lavoro sessuale ha convinto le femministe che la prostituzione sia il risultato del fatto che le donne dispongono di maggiore libertà del proprio corpo. Alla gente di sinistra viene detto che la prostituta è una lavoratrice e una sindacalista; ai liberali si racconta che è una questione di libertà individuale e che la prostituta è un’imprenditrice del sesso; ai militanti dei movimenti LGBT e queer si dice che le prostitute sono un gruppo stigmatizzato, come loro. Il discorso in favore del lavoro sessuale cerca di appropriarsi dei temi centrali di tutte le ideologie per infiltrarsi nelle sfere della società. Ha la proprietà incredibile di combinare l'idea di rivolta (gli oppressi e le oppresse contro il potere) con il capitalismo (la libertà di vendere). La prostituzione è circondata da miti che ci impediscono di vedere la tragedia che suppone che un essere umano ne compri un altro, un essere umano che riduce l'altro in uno stato di oggetto, di merce. "Ti compro. Esisti per soddisfarmi".
Si sanno ben poche cose della legge svedese (chiamata Kvinnofrid, "della pace delle donne") che penalizza i clienti della prostituzione per la prima volta nella storia. Qual è il processo che ha portato alla sua approvazione?
La legge si basa sulle ricerche avviate nel 1977. Vennero realizzate molte interviste a prostitute e a clienti. Il risultati di quegli studi – un rapporto di 800 pagine – fu una vera bomba, e cambiò l'orientamento di tutte le ricerche scandinave e mondiali. Da allora la prostituzione – allo stesso modo della violenza – è una questione di politiche di genere.
Quali risultati hanno comportato 15 anni di applicazione?
La prima cosa da sapere è che la legge svedese non è stata concepita per combattere la prostituzione, allo stesso modo che la legge contro gli omicidi non esiste per misurare se vi sono più o meno assassinii. La questione è cambiare le norme sociali: comprare sesso è un diritto o no? Nel corso della storia la prostituzione è sempre stata proibita in una maniera o nell'altra, ma ad essere colpita è sempre stata la persona che vende il sesso. Addirittura in Germania, dove la prostituzione è legale, si è multati se viene esercitata a fianco di una scuola o di una chiesa. In Svezia, al contrario, la vendita del sesso è totalmente depenalizzata. Ciò che si fa è multare il cliente. La legge dice che chi commette l'atto della prostituzione non è la donna, la prostituta, ma il cliente. Lui è il responsabile, lui fa la scelta.
E cosa ne sappiamo dei risultati della legge?
Nel 2010 venne commissionato uno studio e ne venne fuori che vi sono meno uomini che comprano sesso: prima lo facevano uno su otto uomini, adesso uno su tredici – in Spagna è uno su quattro. Certamente, vi sono svedesi che vanno in Tailandia a comprare sesso, però non vi vanno mica ogni giorno. Riguardo all'opinione espressa dai cittadini, tra il 70% e l'80% si dichiaravano a favore. Oggi in Svezia i giovani pensano che chi paga per sesso è uno "sfigato", incapace di avere una relazione con una donna al di fuori della prostituzione. Si evidenzia anche che il nostro è un paese con molta poca prostituzione se lo confrontiamo, ad esempio, con la Danimarca, un paese più piccolo del nostro ma con diecimila prostitute, contro le mille o le duemila del nostro. Ovviamente una legge non può risolvere tutti i problemi. Bisogna costruire un'anagrafe delle prostitute, sapere da dove vengono, se sono controllate da mafie etc. Il traffico di persone si muove rapidamente. Ad esempio in Svezia vi era la criminalità nigeriana che gestiva il flusso, ma, in seguito all'approvazione della Kvinnofrid, si è spostata in Norvegia, e, quando anche qui hanno approvato una legge simile, è andata in Danimarca. Sono sempre in circolazione, certo, ma se questa legge si estendesse in tutt'Europa, dove potrebbero più andare?
Oltre alle misure penali, quali altre norme stabilisce la legge?
In Svezia abbiamo case d'accoglienza con sostegno psicologico, terapeutico e lavorativo. Vi è molto da fare: più prostituzione comporta la necessità di un maggiore lavoro sociale. E anche quando si sceglie la via della legalizzazione bisogna fare un grosso lavoro di sostegno, perché, assieme alla prostituzione, crescono anche la miseria, la dipendenza dalle droghe e dall'alcol.
Come vedi il lavoro sociale che viene realizzato per aiutare le donne a prostituirsi in modo più "professionale", dando loro ad esempio dei preservativi?
Dicono che riduce il danno. A mio parere non è affatto vero. Se un cliente ti picchia a cosa serve un preservativo? Se soffri stress post-tramatico e se non senti più una parte del tuo corpo a causa delle botte prese a cosa ti serve un preservativo? Per me la riduzione del danno è la riduzione della prostituzione.
Però queste ONG danno anche consigli su come rispondere a un cliente violento.
Immagina di lavorare alle poste e che ti dicano "Se un cliente ti picchia fai questo, se ti violenta fai quest'altro". Questo genere di lavoro verrebbe considerato legale? Non credo. Un lavoro dove vi è un tasso di mortalità quaranta volte superiore a quello di qualsiasi altro non sarebbe legale, tutti i sindacati ne chiederebbero la proibizione. Eppure, davanti alla prostituzione, i presunti sindacati dicono "Avanti, molto bene, meraviglioso!". È come il mondo all'incontrario di Eduardo Galeano. La prostituzione è il mondo all'incontrario. I sindacati di solito dicono: "il nostro lavoro è duro, veniamo trattati male etc." E cercano di dimostrarti perché è pericoloso, lottano contro i padroni, etc. I presunti sindacalisti della prostituzione, invece, dicono "Il nostro lavoro è fantastico!". Quando nella zona rossa di Amsterdam, aperta ventiquattro ore al giorno, gli chiesi se avessero mai avuto conflitti lavorativi mi presero per matta.
Nel libro spieghi il paradosso del fatto che la prostituzione sia rivendicata come un lavoro ma che, in pratica, la prostituta, durante il rapporto, nasconda che sta lavorando.
La prostituzione è una bugia. L'uomo che vuole il sesso cosa cerca? Una donna che lo faccia come se stesse svolgendo un'attività lavorativa? Una lavoratrice guarda l'orologio, non vede l'ora che finisca la giornata. Lui sogna una donna che si comporti come se si trovasse in una situazione normale. Lei deve far dimenticare al cliente che è una prostituta e convincerlo che là perché è molto calda, che ha un orgasmo dietro l'altro. E gli uomini ci credono! Sui forum dei puttanieri dicono "Quella è venuta quattro volte!" Ma che ingenui! Ma come possono mai crederci? Quelle donne non pensano certo a loro quando sono al lavoro, non pensano certo al sesso. È lì che comincia la dissociazione, la reificazione. Da un lato devono comportarsi come se si trovassero in una situazione normale, ma allo stesso tempo cercano di estraniarsi da loro stesse. Se si concentrassero sul sesso e sulle sensazioni non riuscirebbero a gestire la loro prostituzione. È una strategia di autodifesa.
Nel libro parli, per l'appunto, della dissociazione nella prostituzione. Perché?
Perché tutti gli studi internazionali sul tema ne parlano. Leggendo testimonianze si trova sempre lo stesso concetto: non pensano al sesso quando lavorano, pensano ad altro. Lo fanno perché in caso contrario non sopporterebbero l'avere dieci clienti al giorno. E la logica conseguenza di tutto ciò è che la prostituta finisce per non fare sesso. La prostituta è la donna più asessuale che esiste.
Ti concentri anche sui discorsi di chi minimizza la realtà del traffico di persone, come la sociologa LauraAgustín. Da cosa nasce questa sottovalutazione?
La Agustín dice che "la lavoratrice sessuale migrante è molto fortunata perché è molto cosmopolita", e che lo stare chiusa un giorno intero in un luogo è per lei un fatto positivo perché le permette di guadagnare un sacco di soldi. Sono parole molto forti, di un cinismo immenso. La differenza principale tra la prostituzione e il traffico di persone è che la vittima di questo secondo fenomeno non guadagna niente, è una schiava, mentre almeno la prostituta alla fine ha un minimo di beneficio economico. Ma questa schiavitù è una conseguenza della prostituzione visto che non mi pare che vi siano molti settori che si fondano sul sequestro di persone. In tempi di crisi, con moltissima manodopera inutilizzata, per fomentare la prostituzione bisogna andare in Ucraina o Romania a cercare persone, a dimostrazione del fatto che stiamo parlando di un lavoro che molte persone non vorrebbero fare. Il problema è che la domanda è alta, soprattutto nei paesi ricchi, e poca l'offerta. E inoltre la prostituta si "sciupa" molto facilmente mentre il mercato ne chiede di "fresche". Insomma, se si volesse creare una industria del sesso solo con prostitute volontarie, sarebbe molto piccola. Non si può avere un’industria del sesso in Spagna o Germania o in Olanda senza traffico di persone.
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