Menu

Deprecated: Non-static method JSite::getMenu() should not be called statically, assuming $this from incompatible context in /home/ulpeyygx/domains/ilcorsaro.info/public_html/templates/gk_news/lib/framework/helper.layout.php on line 181

Deprecated: Non-static method JApplication::getMenu() should not be called statically, assuming $this from incompatible context in /home/ulpeyygx/domains/ilcorsaro.info/public_html/includes/application.php on line 536

Pareggio di bilancio in Costituzione: un nonsense economico

  • Scritto da  Federico Bassi
  • Commenti:DISQUS_COMMENTS

montispread-largeIl quasi silenzio mediatico che si sta creando intorno all’approvazione del vincolo del pareggio di bilancio, oltre ad essere deprecabile risulta anche incomprensibile. Ieri il Senato ha approvato l’introduzione nel Testo Costituzionale del vincolo del pareggio in bilancio, che impedirà a qualsiasi governo futuro di prevedere una spesa maggiore delle entrate complessive, precludendo la possibilità quindi di finanziare la spesa pubblica in deficit.

Ma la domanda che sorge spontanea è la seguente: era necessario approvare in Italia il vincolo del pareggio in bilancio in una situazione di crisi nazionale e internazionale? La domanda è retorica e la risposta è evidentemente “no”.

Il vincolo del pareggio di bilancio è pensabile esclusivamente in una situazione ipotetica in cui tutte le entrate previste sono sufficienti a finanziare tutte le spese previste, il che sottintende la piena capacità non solo di prevedere ma anche di controllare con assoluta certezza l’andamento economico presente e futuro. Le entrate e le spese pubbliche, infatti, non sono variabili esogene indipendenti dal contesto economico e sociale, ma sono funzione, tra l’altro, della ricchezza, della crescita dell’occupazione e della crescita degli investimenti di un paese. La ricchezza di un paese, a sua volta, è funzione della ricchezza dei paesi circostanti, giacché in un’economia globalizzata in cui buona parte del reddito dipende dal commercio con l’estero o dai capricci del sistema finanziario globale, ogni crisi reale o finanziaria che si verifica in un’area del mondo viene trasferita al resto dei paesi attraverso meccanismi automatici legati alla riduzione della domanda aggregata. A titolo esemplificativo, a partire dalla creazione dell’Unione Monetaria Europea è aumentata notevolmente l’intensità dei rapporti commerciali intraeuropei, e più del 50% degli scambi commerciali dei paesi Europei avviene oggi all’interno dei confini del Continente.

Buona parte delle entrate e delle spese di uno stato sono pertanto variabili incerte legate all’andamento dei mercati internazionali dei beni, del lavoro e del capitale, e quindi sono valori stimabili ma non prevedibili nella loro interezza. In conseguenza di ciò, uno Stato “disciplinato” in cui tutti pagano le tasse, in cui non esiste corruzione, in cui non esistono sprechi, in cui i mercati interni sono stabili non può escludere con certezza la possibilità di dover prevedere per un dato periodo uscite maggiori delle entrate, in quanto non può controllare tutte le variabili che influenzano la situazione economica domestica.

Cosa accadrebbe domani se si verificasse nuovamente una crisi simile a quella del 2008 nei principali paesi Europei?
La conseguenza diretta per l’Italia sarebbe una riduzione drastica della produzione dovuta alla riduzione delle esportazioni, e quindi un aumento della disoccupazione. L’aumento dei sussidi di disoccupazione e la perdita dei posti di lavoro comporterebbero così un aumento delle spese ed una contrazione delle entrate pubbliche. In presenza del vincolo di bilancio, per raggiungere il pareggio il governo si troverebbe obbligato ad aumentare le entrate ed a ridurre le spese, accentuando ulteriormente la fase depressiva che richiederebbe, contrariamente, politiche monetarie e fiscali espansive capaci di rilanciare la domanda interna anziché di comprimerla.

Lo stesso accadrebbe in una situazione di instabilità dei mercati finanziari in cui l’aumento di operazioni speculative e il verificarsi di attacchi ai debiti pubblici dei paesi Europei comportasse un aumento dei tassi di interesse e quindi un aumento dei costi sul debito pubblico. L’aumento prevedibile della spesa complessiva, dovuto ai maggiori interessi sul debito pubblico, richiederebbe un pari aumento delle entrate, e quindi politiche fiscali restrittive pro-cicliche, ovvero politiche fiscali che, ancora una volta, anziché contrastare l’effetto negativo lo intensificano.

Immaginiamo la situazione in cui il terremoto di L’Aquila si fosse verificato successivamente all’approvazione del vincolo di bilancio. Le spese pubbliche necessarie per ricostruire la regione avrebbero richiesto un aumento inattuabile delle entrate,  e quindi un’impossibilità di raggiungere il pareggio di bilancio se non al rischio (o alla certezza) di creare una crisi interna di dimensioni inconcepibili. In una situazione simile, se anche si verificasse un aumento senza precedenti della pressione fiscale necessaria a finanziare la ricostruzione, sarebbe impossibile prevedere con certezza l’entità delle entrate future, specie in un paese come l’Italia in cui l’evasione fiscale raggiunge livelli inconcepibili per uno stato democratico o presunto tale.

Si potrebbe obbiettare che il vincolo del pareggio di bilancio può essere sostenibile qualora si prevedessero situazioni di crisi che ne consentano la non attuazione temporanea.
Questa obiezione è vera solo in parte, perché non solo è difficile trovare una definizione comune di crisi, ma  altrettanto difficile è trovare una definizione comune di fine crisi. L’Italia, ad esempio, ha un prodotto interno lordo in calo da 15 anni, eppure non è mai stata considerata come un paese in crisi fino al 2009, perché la flessione è stata leggera ma costante. Allo stesso modo abbiamo una classe politica profondamente divisa nel definire la situazione economica interna e lo stato di crisi, poiché a sentire Berlusconi ne saremmo usciti brillantemente già da tempo, ma a sentire l’Istat, la Banca d’Italia e i giornali nazionali ed internazionali ci siamo ancora dentro fino al collo.

Se poi si riuscisse a trovare un punto d’incontro e si stabilisse una sospensione temporanea del vincolo, non si farebbe altro che posticipare il problema negli anni successivi, quando la nuova programmazione economica e finanziaria dovrà fare i conti con le spese accumulate nel periodo di sospensione tenendo però presente, questa volta, l’obiettivo ristabilito del pareggio di bilancio.
In conclusione, il vincolo del pareggio in bilancio rappresenta una scelta non solo azzardata ma irrazionale in un periodo di forte instabilità internazionale in cui risulta impossibile non solo prevedere l’andamento futuro dell’economia globale ma anche controllarne le dinamiche. L’effetto diretto di questa decisione ricadrà interamente sulle fasce economiche meno abbienti il cui benessere effettivo tiene conto non soltanto del reddito diretto ma anche di tutte quelle forme di reddito indiretto che sono rappresentate dalla spesa pubblica in welfare e nei trasferimenti diretti alle famiglie.

La ricostituzione del capitale pubblico richiede infatti investimenti consistenti non soltanto in periodo di crisi ma anche nelle fasi di obsolescenza tecnica e sostanziale: non bisogna aspettare una crisi per investire in strutture sanitarie efficienti, per investire in strutture universitarie e scolastiche capaci di far fronte all’aumento degli studenti dovuto alla trasformazione negli ultimi decenni dell’università pubblica italiana in università di massa (investimenti peraltro mai realizzati in Italia, specie se si guardano ai tagli continui dei finanziamenti agli atenei e alla ricerca), per investire in un sistema di welfare che sia capace di proteggere le fasce sociali escluse dal mercato del lavoro. Prevedere un finanziamento in deficit della spesa pubblica, quindi, può essere necessario anche in periodi di crescita, non soltanto in periodi di crisi, e Il pareggio in bilancio non consentirà investimenti in istruzione, in sanità e in assistenza sociale, in tutte quelle spese considerate “improduttive” e quindi facilmente tagliabili nonostante rappresentino il motore della crescita economica, culturale e sociale di un paese.

Si può ancora far finta di non vedere che il pareggio di bilancio rappresenta il colpo finale ad un sistema di welfare pubblico già ampiamente sotto-finanziato e inefficace?

Ultima modifica ilLunedì, 21 Ottobre 2013 14:12
Torna in alto

Categorie corsare

Rubriche corsare

Dai territori

Corsaro social

Archivio

Chi siamo

Il Corsaro.info è un sito indipendente di informazione alternativa e di movimento.

Ilcorsaro.info