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Decreto Salvini: alcune considerazioni preliminari. Perché saremo meno sicuri?

  • Scritto da  Fausto Melluso
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Decreto Salvini: alcune considerazioni preliminari. Perché saremo meno sicuri?

Cosa c'è nel decreto Salvini sull'immigrazione, presentato in queste ore, e perché il suo risultato sarà tutt'altro che maggiore sicurezza. Un'analisi di Fausto Melluso, delegato alle migrazioni dell'ARCI Palermo.

La questione è molto semplice, sebbene non risolvibile con un tweet.

Già lo strumento utilizzato, quello della decretazione d’urgenza, identifica una necessità che, forse, trova riscontro nel dibattito pubblico, ma nessuno nella realtà. I numeri degli sbarchi sono crollati e, con loro, il numero di richieste di protezione internazionale. Non ci sono evidenze, inoltre, che il rischio legato al terrorismo islamico sia più grave che in passato né che sia collegato in via diretta ai flussi migratori. Sono già stati presi dai governi precedenti dei provvedimenti che rispondevano alle stesse esigenze e, efficaci o no, già questo identifica l’assenza di un'emergenza cogente e attuale.

Per iniziare un’analisi di merito bisogna sicuramente partire dalla cancellazione della tutela umanitaria. Essa è stata uno strumento attraverso cui si è offerta a tante persone l’opportunità di avere un periodo di tempo limitato per regolarizzare la propria posizione.

In assenza, da anni, di quello che servirebbe, cioè vie legali di ingresso per ricerca lavoro, le Commissioni Territoriali hanno in questo tipo di protezione uno strumento per offrire una forma di tutela a chi, non rientrando nelle fattispecie previste per la protezione internazionale, sia comunque meritevole di un titolo di soggiorno per ragioni che possono essere le più varie: motivi di salute, esperienze drammatiche durante il viaggio, ma anche un percorso di integrazione positivo che si interromperebbe se la persone finisse in clandestinità. Uno strumento “atipico”, insomma, ma essenziale per evitare di alimentare il circuito della irregolarità e, quindi, dell’emarginazione sociale.

Certamente ne è stato fatto un uso atipico, ma questo non si deve al fatto che nelle Commissioni Territoriali si trovano dei grandi umanitari - la maggioranza delle commissioni è sempre stata di provenienza Ministeriale - quanto al fatto che per fortuna qualcuno continua a ragionare in termini di limitazione del danno. Se si cancella ogni via d’ingresso differente dall’asilo non ci si può stupire se poi aumentano le domande di protezione, né si possono definire strumentali le domande proposte da una platea di soggetti che avrebbero potuto accedere ad altri percorsi per entrare in Italia, se altri percorsi esistessero. La domanda di protezione può essere accolta o respinta, ma non può essere definita strumentale solo perché proviene da persone che vengono da Paesi ritenuti “sicuri”. Anche perché Egitto, Marocco e Nigeria sono Paesi che - parlano i report delle agenzie indipendenti - non sono affatto privi di criticità dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. Spesso a chi viene da quei Paesi, però, viene consegnato da tempo, all’arrivo, un’espulsione differita che, data collettivamente e senza alcuna verifica sui singoli casi, rappresenta essa sì un’emergenza che crea clandestinità. Ma di questi provvedimenti nel decreto non si parla.

Abolire la protezione umanitaria significa quindi, semplicemente, avere ancor più persone senza documenti sul territorio. E questo si fa mentre, contemporaneamente, si criminalizza ogni forma di modalità di sopravvivenza da parte delle persone irregolari. Ad esempio proprio in questi giorni pare abbiano sgomberato l’accampamento informale che si stava creando a Campobello di Mazara (TP). Ma se io non ho modo di non diventare un clandestino e, successivamente, non vengo rispettato almeno nella modalità che troverò per arrangiarmi - senza considerare poi che si puniscono sempre le vittime mentre raramente gli schiavisti - come posso vivere?

Questione rimpatri. Sembrava che il Ministro volesse mettere più soldi per i rimpatri coatti; la norma pare invece riguardare delle risorse da aggiungere per i rimpatri volontari assistiti. Questi possono rappresentare, in alcuni casi, uno strumento di libertà in mano al migrante che voglia tornare a casa, quale che sia la ragione. Tuttavia se c’era un’emergenza in questo ambito non era solo economica - i soldi per rimandarli indietro - quanto tecnica; i tempi e le procedure per il rilascio del nulla osta e l’attivazione delle procedure di rimpatrio volontario: tempi lunghi, estenuanti per soggetti che spesso si trovano in una condizione di grave marginalità sociale. Sembra strano a dirsi, ma tornare al proprio paese non è facile come sembrerebbe dal nostro dibattito politico. Inoltre è evidente che la vera ragione per cui le politiche di rimpatrio volontario non funzionano è perché le persone vengono messe nella condizione di non poter mai più tornare in Europa: se si ipotizzassero modalità in cui tale scelta non sia irreversibile, modalità che ovviamente dovrebbero inserirsi in un cambiamento complessivo nelle politiche migratorie, molta gente potrebbe provare a verificare la possibilità di tornare nel proprio Paese per verificare le proprie opportunità, magari dopo aver guadagnato un po’ di soldi o perché, dopo tanto tempo, le condizioni politiche e sociali sono mutate.

Pare poi che negli SPRAR, i centri di seconda accoglienza con standard di accoglienza migliori, di piccole dimensioni e commisurati alla popolazione del comune in cui insistono, potranno andare solo coloro i quali sono già beneficiari di protezione. Ciò significa che i richiedenti asilo dovranno aspettare l’esito della procedura nei centri straordinari, grandi, spesso poco funzionanti: insomma i cosiddetti “hotel” che lo stesso Salvini non fa altro che dire che sono una porcheria. Stare almeno un anno ad attendere in strutture del genere, bloccati in posti spesso isolati e pure guardati e raccontati come scrocconi, non fa bene a nessuna persona e quindi questa misura aumenterà il numero di persone distrutte dalla nostra accoglienza.

I titolari di protezione umanitaria non potranno in nessun caso stare in uno SPRAR: come se loro per il fatto di godere di un tipo di tutela di “serie B” - tra l’altro abrogata per il futuro dallo stesso decreto - avessero meno necessità di effettuare un percorso di inserimento nella nuova realtà.  Una forma di “vendetta” contro persone che adesso potrebbero rischiare il trasferimento in strutture lontane da quelle in cui avevano iniziato il loro percorso, con standard peggiori e che garantiscono meno professionalità, con le relative conseguenze in termini di contesto.

L’apertura di nuovi Centri per i Rimpatri, e l’estensione del fermo all’interno degli hotspot e dei CPR, sono due misure “spot”. La prima perché i Centri per i Rimpatri sono strutture inutili e costose, e tra l’altro a decreto approvato si attiverà la solita corsa a dire, da parte di tutti, che si devono fare ma non vicino a casa propria. La seconda perché non è consentendo alle autorità pubbliche di essere ancora più inefficienti nelle procedure che si migliorerà complessivamente il sistema, tra l’altro trattenendo ancor più a lungo le persone senza verifica dei tribunali e quindi sacrificando un altro pezzo di civiltà giuridica.

Parlando infine della vicenda della cittadinanza, si configura come sempre più difficile l’ottenimento della cittadinanza italiana. Anche qua il decreto parte da un’analisi falsa: siccome siamo in guerra al terrore, bisogna sospettare che tutti siano terroristi. La realtà è, però, che ottenere la cittadinanza, avendone tutti i requisiti - quindi essendo in Italia in una situazione stabile da parecchio tempo - è sempre più complicato. Il numero di richieste inevase è altissimo e si alza sempre di più il numero di dinieghi per motivi, spesso, sostanzialmente inquisitori. Sospetti. Inserire ulteriori cause per perdere la cittadinanza, oppure per aver revocata una forma di protezione internazionale non serve pertanto a molto, se non a spaventare ancora di più una parte di Paese. Anche perché la persona che chiede la cittadinanza si trova già nel nostro Paese regolarmente. L’emergenza in Italia è quindi, casomai, quella della lentezza e della scarsa possibilità effettiva di intervento in caso di diniego per le richieste di ottenimento della cittadinanza. Anche questo è un messaggio che lanciamo a chi sta in Italia, in questo caso da tempo e, per aver fatto domanda di diventare cittadino, per scelta.

Se quindi è evidente che queste misure non risolveranno nessun problema, sarebbe importante dire adesso l’effetto che avranno: il nostro tessuto sociale si indebolirà ulteriormente, ed è prevedibile che queste misure genereranno un’ulteriore aumento della popolazione irregolare e un aggravamento della condizione sociale, e quindi anche psicologica, delle persone migranti particolarmente quelle irregolari. Perché ad accogliere è un intero contesto, non solo il centro in cui alcuni - pochi - migranti hanno qualcosa di garantito. E allora se il contesto, anche istituzionalmente, ti emargina, parla di te come un criminale, non ti riconosce le garanzie che riconosce alle persone, quale volete che sia il risultato?

Leggete un giorno i giornali mettendovi nei panni di un immigrato, magari irregolare. Che sentimenti maturereste verso il contesto, dopo aver avuto un tragitto lungo e complicato, trovandovi incolpevolmente nella condizione di non poter condurre una vita alla luce del sole e, pure, criminalizzato nella modalità che uno trova per sopravvivere?

La colpa degli effetti negativi sulle nostre comunità di queste politiche e di queste narrazioni dovrebbe prendersela Salvini e invece, in assenza di un argine politico sensato e credibile agli occhi della gente, è altamente probabile che accadrà l’opposto e che quindi Salvini continuerà ad essere la risposta per i problemi che lui stesso creerà.

Non bisogna però avere paura di dire le cose come stanno, perché vedo ancora tanti “mezzi-Salvini” che credono che sia inseguendolo che lo si limiterà.
Il tema è invece diventare credibili nell’affermare quella che è l’unica verità: tutti i problemi che una certa politica collega all’immigrazione sono dovuti alla maniera in cui abbiamo affrontato il fenomeno migratorio. Una maniera tutt’altro che aperta e “buonista”, perché sebbene ora sembri che prima di Salvini fossimo governati dalle ONG, basterebbe guardare la lista di Ministri dell’Interno predecessori dell’attuale leader leghista per accorgersi che è stata l’opposto del buonismo - qualsiasi cosa si intende con questa parola - ad averci condotto nella situazione attuale.

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