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Torino: studenti bloccano il consiglio di dipartimento contro il numero chiuso

Torino: studenti bloccano il consiglio di dipartimento contro il numero chiuso

Il numero chiuso prolifera, complici i tagli e la legislazione vigente in molti atenei italiani. All'Università di Torino Studenti Indipendenti e Last Laboratorio Studentesco hanno bloccato il consiglio di dipartimento di Lingue per impedire l'introduzione del numero chiuso in tutti i corsi di laurea.

Pubblichiamo di seguito una loro nota stampa.

Alla luce delle decisioni che in questi mesi e in questi giorni vengono prese in merito all’imposizione, a livello di dipartimento, dei numeri chiusi, riteniamo opportuno far sentire la nostra voce di contrasto e critica a queste decisioni, riconoscendo il valore del libero accesso ai saperi.

Le cause profonde di questi provvedimenti sono da ricercarsi nella presenza congiunta del blocco del turn-over e dei criteri per l’accreditamento dei corsi (DM 17 prima, Decreto AVA poi) che stabiliscono un numero minimo di docenti “incardinati” in proporzione a un determinato quantitativo di studenti iscritti ad ogni corso e un numero massimo di ore di didattica erogabili. Questa “morsa” ha reso effettivamente necessario l’inserimento del numero chiuso in alcuni corsi ma non è una spiegazione valida per tutti i corsi.
Infatti le modifiche del 23 dicembre al decreto AVA hanno allentato questi limiti, rendendo in alcuni casi non più necessario il numero chiuso.

In molti casi i problemi legati all’accreditamento dei corsi sono stati usati come copertura per mascherare una visione elitaria e ristretta dell’università, e per meglio garantire una più efficiente gestione degli spazi e delle esigenze didattiche dei singoli dipartimenti, adattando su di esse il numero ‘giusto’ di studenti, e non vice versa.

Invece che risolvere i problemi, l’inserimento dei numeri chiusi a ben vedere li aggrava: lo spostamento degli studenti che vorrebbero iscriversi ad un dato corso a numero chiuso verso gli indirizzi limitrofi provoca il collasso di questi corsi che sono così “costretti” ad adottare a loro volta test d’ingresso. Questo processo si sta verificando nel nostro Ateneo a partire dai corsi a programmazione nazionale (Medicina, Professioni Sanitarie, Veterinaria, Farmacia, Biologia) che hanno contagiato di anno in anno i corsi di Chimica e Scienze Naturali (l’anno scorso) Geologia e Produzioni e gestione degli animali (quest’anno) arrivando quest’anno al sovraffollamento dei corsi dell’ex facoltà di Agraria (+71% di immatricolati a Viticoltura e Enologia, +55% a Scienze e tecniche agrarie, +42% a Scienze Forestali ) dove si sta per l’appunto discutendo di inserire il numero chiuso in questi mesi.

Le altre argomentazioni che ci troviamo a fronteggiare sono legate prevalentemente alla questione del sovraffollamento delle aule. Problema che, di nuovo, viene risolto solo superficialmente con l’inserimento del numero chiuso, poiché gli studenti vengono semplicemente spinti verso altri corsi di laurea, andando ad affollare altre aule. La questione degli spazi, per essere risolta senza un’ingiusta esclusione di massa dall’università, deve essere gestita a livello di ateneo con una ridistribuzione e una divisione efficiente degli spazi.

E’ infine inammissibile in un università pubblica e di massa l’inserimento del numero chiuso come strumento di contrasto agli alti tassi di abbandono e alla scarsa preparazione in entrata degli studenti.

In più occasioni, questi test d’ingresso non solo si sono rivelati inutili, poiché la richiesta effettiva si è dimostrata inferiore alle capacità didattiche e strutturali dei vari dipartimenti, ma sono stati anche una sovrattassa mascherata sulle tasche degli studenti per colmare le carenze di bilancio che hanno dovuto pagare 100 € per l’iscrizione ad ogni singolo test (45 immatricolai su 75 posti a Geologia, 56 su 110 a Scienze Naturali, 66 su 127 a Produzione e gestione degli animali, 157 su 200 a Scienze e Tecnologie Chimiche, 217 su 255 a Biologia; tutti corsi che peraltro hanno subito un vertiginoso crollo delle immatricolazioni).

Consapevoli dell’inaccettabilità delle politiche ministeriali riguardo al finanziamento, la valutazione e l’accreditamento degli atenei, rifiutiamo l’alibi della mancanza di alternative, che troppo spesso è risuonato nelle sedi decisionali dell’Ateneo negli ultimi anni: l’Università e i dipartimenti sono altrettanto responsabili del dilagare dei corsi a numero chiuso negli ultimi anni.

Una gestione meno feudale degli spazi dell’università, una programmazione dell’organico più attenta alle esigenze didattiche dei dipartimenti e meno ai rapporti di forza tra di essi e una armonizzazione delle procedure di accreditamento dei vari corsi di laurea avrebbero potuto e ancora potrebbero evitare il dilagare dei numeri chiusi; auspichiamo che l’Ateneo si impegni a dimostrare la volontà di invertire la rotta, a tutela degli studenti e dell’università pubblica.

Ultima modifica ilGiovedì, 23 Gennaio 2014 13:50
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